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Processo Propaggine

‘Ndrangheta a Roma, la fuga di notizie da un infedele del Gico rilanciata da Carzo: «Un’operazione grossa contro i calabresi»

Lo racconta il pm Giovanni Musarò durante la requisitoria. «Peccato che non abbiamo scoperto chi è, magari un giorno lo capiremo»

Pubblicato il: 13/10/2025 – 9:32
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta a Roma, la fuga di notizie da un infedele del Gico rilanciata da Carzo: «Un’operazione grossa contro i calabresi»

LAMEZIA TERME L’importanza delle “mangiate di ‘ndrangheta”, ma anche (e forse soprattutto) delle assenze. Quelle pesanti, legate però ad un motivo ben preciso e che, di fatto, trova tutti d’accordo: evitare di essere arrestati. Tutti insieme o anche singolarmente. Sono circostanze ricostruite dalla Distrettuale antimafia di Roma ed emerse in modo inequivocabile nel processo “Propaggine” nato dall’omonima inchiesta contro il locale di ‘ndrangheta a Roma.

I timori del clan. «Ci arrestano a tutti»

Il pm Giovanni Musarò, nel corso della sua requisitoria, lo ha spiegato chiaramente, citando ancora la “mangiate” dell’ottobre 2017. «Si parla della presenza di Francesco Cutrì che dopo pochi giorni si sarebbe costituito. E poi Pasquale Vitalone sul quale va fatto un inciso», ha ribadito Musarò. «Vitalone è stato condannato in via definitiva nell’operazione “Prima” per associazione mafiosa essenzialmente sulla base di un elemento di prova: durante una riunione in un circolo di Sinopoli, una delle tre riunioni di ‘ndrangheta ricostruite, intervengono i carabinieri in flagranza e trovano una serie di soggetti e uno di questi è Vitalone», ricorda il pm e cita dunque la conversazione in cui si parla proprio della sua assenza alla ormai famosa “mangiata”. «Si capisce che Pasquale Vitalone non è andato alla mangiata per questo motivo e ne aveva ben d’onde perché con la stessa sentenza che lo aveva condannato era stato condannato pure Antonio Carzo e, infatti, quest’ultimo commentando con Domenico Versace dice, “se loro cominciano a fare il giro di tutti questi che ci incontriamo, ci arrestano a tutti e poi quando ci danno il 416 ce la fanno vedere brutta!”».

Le notizie fornite dall’infedele

Ma c’è un altro elemento ribadito in aula dal pm Musarò emerso dalla fase delle indagini e durante il dibattimento. Una conversazione che risalirebbe al 10 febbraio 2018 in cui si farebbe riferimento all’infedeltà di un ufficiale di Polizia giudiziaria del GICO. Quest’ultimo avrebbe rivelato l’esistenza delle indagini a carico del locale romano di ‘ndrangheta. «In questa conversazione Versace parla con Antonio e Domenico Carzo e dice, “ha detto che c’è una grossa indagine con i calabresi, proprio voi altri, cioè quelli degli Alvaro” e Pasquale  traccia un sommario organigramma, cita quelli più importanti, e “ha pensato pure a me, a Vincenzo, a tutti questi altri della squadra nostra, tutti quelli che siamo, arrestano a voi, arrestano a Vincenzo, arrestano a questi dei Palamara, a tutti”», racconta in aula Musarò, per il quale si tratta di « una dichiarazione auto ed etero accusatoria micidiale» e quindi, «quando sta parlando dei cognati di Alvaro e “della squadra nostra”, quelli dei Palamara, sta parlando dei fratelli Antonio e Giovanni».

«Tutte informazioni assolutamente esatte»

Come emerso dalle indagini e ribadito dal pm in fase di requisitoria, la domanda del gruppo criminale è una sola: come hanno fatto? «Carzo fa questo ragionamento, non si capacita perché dice “noi non ci incontriamo, io non mi sto muovendo, però ho la raccomandazione di là sotto”», ribadisce il pm Musarò che non nasconde un certo rammarico: «Peccato che non abbiamo scoperto chi è questo del Gico infedele, sarebbe un concorso esterno. Ci vuole ancora un po’ per prescriversi magari prima o poi lo scopriremo, però le informazioni che gli fornisce sono molto precise». Parlano con un soggetto il qual dava per scontato che l’indagine venisse dalla Dda di Reggio Calabria o da quella di Catanzaro mentre «Carzo dice no, “l’indagine parte da qua, da Roma e riguarda proprio la famiglia nostra” e ancora, “mi parlavano di un’associazione grossa nei confronti di noi altri calabresi, un’indagine grossa coordinata dalla Dda di Roma per reati associativi che riguarda la famiglia Alvaro”», cita in aula il pm, che chiosa: «Tutte informazioni assolutamente esatte». (g.curcio@corrierecal.it)

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