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Il modello sociale di San Giovanni in Fiore: un welfare di montagna che batte i divari

Una pianificazione rigorosa, con un metodo che intreccia fondi statali, regionali e Pnrr per garantire servizi rivolti alle persone più fragili

Pubblicato il: 14/10/2025 – 17:49
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Il modello sociale di San Giovanni in Fiore: un welfare di montagna che batte i divari

SAN GIOVANNI IN FIORE In Calabria, a 1000 metri d’altitudine, il welfare locale è un fatto di civiltà. A San Giovanni in Fiore, il Comune più grande della Sila, l’amministrazione guidata da Rosaria Succurro ha costruito in pochi anni un modello amministrativo che fa scuola, perfino rispetto a molti comuni del Centro e del Nord Italia. Tutto parte da una pianificazione rigorosa, con un metodo che intreccia fondi statali, regionali e Pnrr per garantire servizi rivolti alle persone più fragili.

Le risorse investite

Dal 2021 a oggi, il Comune ha intercettato circa 7,3 milioni di euro destinati a interventi su anziani, minori, persone con disabilità, famiglie in difficoltà, con azioni che vanno dall’assistenza domiciliare ai nidi, dalla rete socioassistenziale al contrasto alla povertà, dall’educativa scolastica ai servizi per l’autonomia. È un impianto complessivo e coerente, calibrato sui Leps, i Livelli essenziali delle prestazioni sociali che lo Stato impone di garantire ovunque, anche nelle aree interne e montane.
Se si rapporta l’ammontare totale dei fondi al numero dei residenti (15.710 secondo l’Istat), si ottiene un valore stimato di circa 90-95 euro pro capite annui: cifra che, pur calcolata su base pluriennale e comprensiva di risorse straordinarie, colloca San Giovanni in Fiore sopra la media calabrese e in linea con diversi Comuni interni dell’Italia centrale. Nella regione, infatti, la spesa sociale media si ferma a 38 euro pro capite, la più bassa d’Italia, contro una media nazionale di 150 euro. Al Nord-Est il valore sale a 207 euro, nel Centro è di 165, mentre al Sud scende a 78.

Il modello “montano” di San Giovanni in Fiore

Il divario è noto: nei territori montani e periferici i costi dei servizi aumentano, ma la capacità fiscale è minore. Eppure, dentro questa asimmetria, San Giovanni in Fiore ha costruito un “modello montano” con risultati importanti, grazie a una filiera amministrativa che parte dall’intercettazione dei fondi, passa per la progettazione e arriva all’erogazione dei servizi. Si tratta di una strategia di lungo respiro, capace di dare continuità e stabilità a interventi sociali che altrove restano spesso frammentari.
Il confronto con altre realtà di pari dimensione lo dimostra. Pavullo nel Frignano, sull’Appennino modenese (circa 17 mila abitanti), e Feltre, nelle Dolomiti bellunesi (circa 20 mila), operano in contesti ben più avvantaggiati: regioni dove la spesa sociale pro capite supera i 200 euro l’anno e dove la densità di servizi è strutturalmente più alta. San Giovanni in Fiore, pur in un quadro economico e geografico più difficile, si avvicina a quei livelli grazie a una programmazione che usa con intelligenza le risorse vincolate e quelle europee. È la differenza tra il chiedere fondi e il farli fruttare. Nei comuni interni del Centro, come in parte dell’Umbria e delle Marche, l’Istat rileva che i servizi per bambini e ragazzi raggiungono mediamente i 269 euro pro capite, contro i 388 dei comuni centrali. A San Giovanni in Fiore, che appartiene alla categoria delle aree interne meridionali, la distanza strutturale non si è tradotta in abbandono: l’amministrazione ha consolidato i servizi educativi e sociali, garantendo la continuità dell’assistenza e la tenuta del sistema locale di welfare.

Saper progettare, programmare e spendere

Il risultato non nasce dal caso. In Italia oltre la metà della spesa sociale comunale proviene ancora da risorse proprie o associate, mentre nel Mezzogiorno cresce il peso dei fondi regionali e nazionali. Senza capacità progettuale, quei soldi restano fermi o vengono revocati. San Giovanni in Fiore ha invece dimostrato di saper progettare, programmare e spendere e ha trasformato i vincoli in opportunità. È il cosiddetto, ormai, “modello Sila”: una macchina amministrativa che lavora per obiettivi chiari – non autosufficienza, disabilità, infanzia, povertà – e tiene insieme prossimità e diritti in un territorio complesso e disperso, che si estende per quasi 280 chilometri quadrati.
Nel 2021-2025, la città di Gioacchino da Fiore ha tradotto linee di finanziamento eterogenee in interventi continuativi e verificabili. In un contesto regionale e nazionale in cui i divari di spesa restano marcati, questo è già un risultato politico e amministrativo di indubbio rilievo. San Giovanni in Fiore, oggi, non rincorre più i modelli del Nord e, per certi versi, li supera nel rigore e nella coerenza di azione.
È così che un Comune montano della Calabria è riuscito ad assicurare welfare territoriale di qualità, con i numeri in ordine, i servizi in funzione e i diritti al centro. Anche grazie a una nuova generazione di professionisti: funzionari specializzati, assistenti sociali, educatori, psicologi. E in un Paese dove i grafici economici continuano a raccontare la distanza tra Nord e Sud, questa storia amministrativa di montagna diventa una lezione di politica pubblica. Dimostra, cioè, che, anche dove è più difficile, la buona amministrazione può ancora battere i divari. (redazione@corrierecal.it)

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