Milano inondata di cocaina dai clan della Locride: l’affare da 4 milioni per 126 pacchi «finiti in un mese»
Nelle chat i dettagli: dalla suddivisione in panetti al prezzo di vendita (35mila euro al chilo). Il “deposito” e il conteggio. «A settembre si vedrà»

MILANO Oltre 120 chili di cocaina destinati alle piazze di spaccio milanesi. Un affare che da solo ha fruttato più di 4 milioni di euro all’organizzazione smantellata dall’inchiesta della Dda di Milano, condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Milano e dal Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza, che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 12 persone e di domiciliari per altre 3, presunti appartenenti ad una associazione criminale armata legata alla ‘ndrangheta della Locride.
L’operazione ha fatto luce su un traffico internazionale di droga dal Sudamerica che, in poco più di un anno, ha movimentato cocaina per un valore «di oltre 18 milioni di euro» e da cui è emerso «un saldo rapporto tra rappresentanti» di alcune cosche della ‘ndrangheta, ossia delle ‘ndrine “Papalia-Carciuto”, “Marando-Trimboli” e “Barbaro ‘U Castanu”, e un clan della camorra “satellite” dei Di Lauro di Napoli. Una parte del denaro – hanno ricostruito gli investigatori – era destinato a saldo delle forniture e inviato all’estero per il tramite dei collettori cinesi.
126 pacchi per oltre 4 milioni e il rifornimento
Sono le conversazioni cristallizzate nelle chat criptate a fornire un quadro del modus operandi utilizzato dai membri del sodalizio: dalla suddivisione in panetti, al prezzo di vendita. I membri dell’organizzazione, stando a quanto emerge, discutevano in chat anche della qualità della sostanza stupefacente, di quanta ne fosse ancora disponibile «in deposito» e della necessità di rifornirsi per far fronte alle richieste della clientela milanese. Conversazioni che rivelano dettagli in merito alla vendita, solo sulla piazza milanese, e nei primi mesi del 2020: «Tieni sti conti per favore. Che come scendo te lo spiego uno a uno. Però tieni le foto come te lo mandate Totale sono 126 pacchi». A parlare dei dettagli dell’affare nelle chat datate maggio-luglio 2020, sono Antonio Caruso, coordinatore delle attività, Antonio Santo Perre e Giuseppe Grillo, che nelle chat aveva lo pseudonimo di “Putin”.
La cocaina – 126 pacchi da un chilo ciascuno – è stata rivenduta al prezzo di 35 mila euro al chilo, «generando quindi un introito di denaro pari a 4.410.000 euro».
«L’abbiamo finita entro sta settimana». Passa un mese esatto quando Caruso chiede a Perre una verifica della giacenza della cocaina in deposito, che era stata certificata in 19 chili e mezzo. Inizialmente una quantità enorme per un valore elevatissimo, che tuttavia finisce in pochissimo tempo. Per questo diventa necessario un nuovo rifornimento che arriva prima delle vacanze estive. Gli investigatori ricostruiscono che Grillo nel luglio 2020 fa arrivare «al deposito di Trezzano sul Naviglio un nuovo quantitativo di 7 chili di cocaina per far fronte alle richieste della clientela milanese». All’orario stabilito dell’11 luglio, Caruso, ritira la cocaina e ne decanta anche la qualità con Grillo («E bella Ora lo posata. Si vede che è top»). E poi la decisione: riprendere i rifornimenti al rientro dalle vacanze. «A settembre si vedrà».
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