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l’intervista

La rinascita di Mimmo Berardi: «Ho il sangue della Calabria»

Il primo provino e l’infortunio. Il capitano del Sassuolo si racconta

Pubblicato il: 14/11/2025 – 14:47
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La rinascita di Mimmo Berardi: «Ho il sangue della Calabria»

Il suo viaggio è partito da Cariati, nel Cosentino, arrivando a diventare capitano e bandiera del Sassuolo. Il suo Sassuolo, dal quale non si è mai slegato, neanche quando a bussare alla portano erano le grandi squadre, quelle «a strisce». Un salto mancato anche a causa del terribile infortunio, la rottura del tendine d’Achille che lo ha tenuto diversi mesi lontano dai campi di gioco. «Mi è dispiaciuto non poter fare la Champions, non poter giocare per gli obiettivi più alti» racconta Mimmo Berardi in un’intervista al Corriere dello Sport. La sua carriera, però, è stata comunque piena di successi, fino all’etichetta riconosciuta da tutti come uno degli ultimi talenti genuini del nostro calcio, come sta dimostrando anche in questa stagione: fin qui 3 reti in 10 presenze, dopo aver trascinato gli emiliani alla promozione e facendo ricredere anche i più scettici.

Il provino con la Spal e il ritorno in Calabria

Un sogno partito dalla Calabria, la sua regione che gli segna il destino: è contro il Crotone che arriva il primo gol. Ne seguono tanti altri con la maglia neroverde, ormai divenuta per lui una seconda pelle, ma Berardi non esclude possibili sorprese più avanti: «La vita è piena di sorprese. A me ne ha riservate tante. Da piccolo andavo a dormire con un pallone tra le braccia, stringevo il pallone al posto del peluche. Sognavo di diventare calciatore e ci sono riuscito. Il castello, la Rossanese…». È stato un finanziere calabrese a organizzare il primo provino con la Spal: «Mi presero, ma non ce la facevo a stare su, non mi piaceva, troppo presto. Così dopo una settimana tornai in Calabria». Nel 2010 arriva la chiamata dal Sassuolo, una carriera da sogno fino all’infortunio che lo tiene fuori 8 mesi: «Per la prima volta ho temuto che fosse finita. Il professor Zaffagnini, a Bologna, mi ha aggiustato e dopo due mesi ho ricominciato a lottare. La famiglia mi ha aiutato parecchio».

Il “sangue” calabrese

Su cosa gli è rimasto della Calabria Berardi risponde: «Il sangue. L’istinto lo governo ormai, prima reagivo al fallo dei difensori, adesso o rido o la prendo male. Un miglioramento c’è stato, ed è sensibile». È stato Eusebio Di Francesco a buttarlo nella mischia, oggi gioca con mister Fabio Grosso ma il legame più forte è con De Zerbi: Con lui giocavamo col joystick. Maniacale, poteva stare sul campo diciotto ore. Possesso stretto, a campo aperto, la tecnica con le sagome. Insisteva fino a quando il pallone non arrivava al piede giusto. Per noi si sarebbe buttato nel fuoco».

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