Bene il Capodanno Rai a Catanzaro, ma non basta
Il capoluogo conquista la ribalta nazionale, ma il rischio disoccupazione e la fine del Sant’Anna Hospital pesano sul territorio

E così Catanzaro ospiterà il terzo Capodanno Rai in Calabria. Sarà il lungomare del capoluogo di Regione – la conferma ufficiale qualche settimana fa è sembrata quasi superflua, visto che i rumors si rincorrevano da tempo – ad ospitare “L’Anno che verrà”, il tradizionale format dell’emittente di Stato deputato a marcare il passaggio dal 2025 al 2026. Buona e incoraggiante notizia – a pari merito con altri appuntamenti di rilievo come l’approdo in città del tour 2026 di Jovanotti nell’area di Germaneto e la partenza della prima tappa del prossimo Giro d’Italia – per una città in crisi d’identità. E che, tuttavia, non scaccia tante altre notizie pessime, soprattutto sul fronte della sanità, che continua a fare acqua da tutte le parti, e del lavoro che manca.
Due di queste, tra le purtroppo molte altre più piccole e che spesso sfuggono ai radar, riguardano le vicende della ventilata cessione di Telecontact Center e la decisione del Consiglio di Stato che ha messo la parola fine, in modo definitivo, alla cardiologia del S. Anna Hospital, struttura di livello nazionale che dava lavoro a 95 persone, alle prese ora con un futuro alquanto incerto.
È senz’altro gravida di pesanti presagi la storia della ventilata cessione di Telecontact Center, che da qualche settimana agita i sonni di centinaia di famiglie catanzaresi. Una vertenza che si teme si riveli speculare ad altre analoghe cui si è assistito in passato. La vicenda, scoppiata da qualche settimana come un fulmine a ciel sereno, prevede da parte del gruppo Tim un disimpegno pregno di pesanti conseguenze e ripercussioni su un tessuto socio-economico già debole e vulnerabile di suo. Tim, colosso italiano delle telecomunicazioni, ha infatti già comunicato alle organizzazioni sindacali la decisione di avviare la procedura di cessione del ramo d’azienda cui fa capo il customer care dell’ex monopolista di Stato e che, in totale, rischia di scaricare circa 1.600 lavoratrici e lavoratori in servizio nelle sedi di Caltanissetta, Catanzaro, Napoli, Roma, L’Aquila, Milano, Ivrea e Aosta. In soldoni, la decisione dell’azienda di telefonia, solo qualche decennio addietro tra quelle di punta del settore in Italia e nel mondo, potrebbe tradursi in un concreto rischio occupazionale per oltre 400 lavoratori del polo di Catanzaro. Una prospettiva inattesa e tutt’altro che rosea per i dipendenti della sede calabrese della società appartenente alla galassia Telecom, che la controlla al 100% da un quarto di secolo, e che non lascia tranquilli i sindacati di categoria. C’è preoccupazione, tanta, nella comunità e nelle istituzioni locali, per i contraccolpi di una tale decisione precipitata su una realtà regionale che fa già i conti con mille difficoltà sul fronte occupazionale. L’altra, forse ancora più grave, e che è precipitata nei giorni scorsi, riguarda il Sant’Anna Hospital di Catanzaro, per anni considerato un’eccellenza e un punto di riferimento nazionale nella cardiochirurgia privata, destinato a chiudere definitivamente i battenti cancellando così i posti letto privati assegnati al capoluogo a beneficio dell’Annunziata di Cosenza, dove spiccherà il volo la cardiochirurgia della neonata facoltà di medicina dell’Unical, affidata guarda caso proprio a un ex del S. Anna.
Il Consiglio di Stato, a conclusione di un contenzioso durato alcuni anni e che avrebbe potuto trovare ben altra soluzione, ha infatti respinto il ricorso presentato dalla curatela fallimentare della clinica contro la Regione Calabria, confermando la fine di ogni possibilità di rilanciare le attività in questione. La struttura, da tempo in liquidazione e ormai priva di accreditamento, malgrado i meriti conquistati sul campo dai medici e dalle maestranze che vi hanno lavorato in circa un ventennio, era stata acquisita dal Gruppo Citrigno, che aveva annunciato l’intenzione di rilanciarla attraverso il progetto del Centro Clinico Ortensia. Ora la decisione dei giudici cancella questa prospettiva e lascia nell’incertezza i 95 dipendenti che speravano in una riassunzione e in una nuova fase operativa.
Detto questo: va bene la “ritrovata” centralità del capoluogo e il fermento che si avverte alla vigilia di un evento di sicuro importante – anche se stona il trionfalismo di alcune dichiarazioni di esponenti politici di primo piano – al cospetto di un consistente impatto mediatico, con promettenti riflessi sul piano della visibilità e dell’appetibilità turistica della nostra regione, ma sarebbe altrettanto utile e necessario riflettere e impegnarsi per dare il giusto peso a vicende gravi e foriere di pesanti ripercussioni negative, che rischiano di rendere ancora più fragile un tessuto socio-economico già a forte rischio di tenuta. Nessuno nega l’importanza di una vetrina televisiva nazionale, in corrispondenza con l’avvio del nuovo anno, sulla rete ammiraglia della Rai, in grado di catalizzare interesse e attenzione e di fare da specchio alle bellezze della Calabria, contribuendo a dare impulso all’economia della città. Ma la scelta, che per dirla tutta ha quasi un retrogusto da premio di consolazione, non può certo bastare. (redazione@corrierecal.it)
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