Prevenzione, la Calabria prova a rilanciare gli screening oncologici con un’app
Gianfranco Filippelli: «Non si può ricevere solo una fredda lettera di convocazione, integreremo la comunicazione»

COSENZA Dopo pandemia da Covid-19, i dati relativi all’accesso agli screening oncologici di primo grado sono crollati e la Calabria sta tentando di recuperare. Il report diffuso da Agenas riporta numeri impietosi e pare opportuno – dunque – avviare una riflessione. Questo l’obiettivo del congresso dal titolo «Capillarità, efficacia ed efficienza nell’erogazione degli screening oncologici», ospitato nella sede dell’ordine dei medici di Cosenza. Per combattere i tumori esistono due strategie principali: prevenirne la comparsa adottando uno stile di vita sano oppure diagnosticare la malattia il più precocemente possibile, prima che si manifesti a livello clinico. Nello specifico, tre programmi di screening per tumori della mammella, della cervice uterina e del colon retto sono particolarmente efficaci, ed è per questo che sono sostenuti a livello nazionale e internazionale. Nel nostro Paese, da 8 anni, i programmi di screening oncologici sono inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA): lo screening per il tumore della cervice uterina è rivolto alle persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni, quello della mammella alle persone di età compresa tra i 50 e i 69 anni, quello del colon retto alle persone di 50-69 anni.
Un’app per prenotare lo screening
Il basso numero di adesioni agli screening si lega anche alle difficoltà della modalità di reclutamento adottata. «La Rete oncologica della Regione Calabria sta cercando di facilitare l’accesso, una donna che può effettuare una mammografia non deve ricevere solo una fredda lettera di convocazione e per questo abbiamo pensato di integrare la comunicazione con una applicazione di facile utilizzo», annuncia al Corriere della Calabria il dottore Gianfranco Filippelli, coordinatore della Rete oncologica della Calabria. «Sarà possibile scegliere lo slot necessario per effettuare lo screening, che – voglio sempre rimarcare – è un’attività totalmente gratuita. Si riceve in ambienti confortevoli, da professionisti qualificati: un’occasione che assolutamente non bisogna perdere». Come si spiega il numero esiguo di adesioni? «È un problema anche culturale. Nella nostra regione si fa poca prevenzione, ecco perché dobbiamo cercare di sensibilizzare sempre di più i professionisti e, sul territorio, le persone che possono aderire agli screening del tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto».
La paura di sostenere gli esami
Il Covid ha creato un blocco concreto – come dimostrato dai dati raccolti negli ultimi anni – degli screening, ma siamo felici di essere di aiuto perché invertire la tendenza è possibile. Le difficoltà nascono da una serie di problemi, in primis la ricezione delle comunicazioni delle campagna di screening, stiamo lavorando con dei progetti per promuovere la prevenzione sul territorio», racconta al Corriere della Calabria Riccardo Masetti, chirurgo oncologo e fondatore di Komen Italia. Il basso numero di adesione agli esami dedicati alla prevenzione si spiega anche con il timore manifestato da chi «ha paura a sottoporsi agli esami e scoprire qualcosa che non va, ma questo atteggiamento è contrario alla prevenzione stessa e quindi bisogna lavorare più».

Screening della mammella e della cervice, il Centro-Sud è indietro
«Gli ultimi dati non sono confortanti, ma credo nella ripresa grazie ad una serie di misure adottate dall’Asp di Cosenza in collaborazione con Komen», sostiene il senologo Antonio Caputo. «Il basso numero delle adesioni alle campagne di screening riguarda anche le altre regioni di tutto il Centro-Sud. Per quanto riguarda gli screening della mammella e della cervice, il Centro-Sud è indietro rispetto al al nord, ma il problema più serio riguarda il cancro del colon retto dove il distacco aumenta notevolmente», precisa il dottore Caputo. «Credo – aggiunge – sia un problema di organico, adesso sono stati coinvolti anche i medici di base e insieme dobbiamo riuscire ad invertire la tendenza perché dallo screening e dalla prevenzione secondaria dipendono le vite delle persone e le possibilità di sopravvivenza dei pazienti, quando il tumore viene diagnosticato in una fase precoce». Non solo esami specifici, appare doveroso rafforzare la comunicazione di un altro strumento di prevenzione: l’autopalpazione. «E’ vero, è importante. Una recente statistica mostra come più del 50% delle donne, dopo i 40 anni, si autopalpa e scova un nodulo che verosimilmente poi sarà un tumore. Spetta a noi il compito di spiegare bene come eseguire l’autopalpazione, dando le giuste informazioni», conclude Caputo. (f.benincasa@corrierecal.it)

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