‘Ndrangheta “glocale”, così i clan connettono il territorio ai traffici internazionali
Sciarrone: «Servizi carenti, disuguaglianze e territori vulnerabili: ecco perché i clan continuano a proliferare»

COSENZA Mafie locali e mafie globali, due mondi agli antipodi che qualcuno ritiene scollegati, sconnessi, troppo lontani. In realtà, la dimensione locale e la dimensione globale sono parte integrante di un medesimo fenomeno. Le organizzazioni criminali oggi sono in grado di occupare territori nuovi, regioni non tradizionalmente generative del fenomeno mafioso. Qualcuno la definisce “invasione”, qualche altro “colonizzazione”, quello che ormai è palese è la straordinaria capacità di adattamento ai cambiamenti, sodalizi camaleontici capaci di tenere insieme pezzi di mondo apparentemente distanti. «Le mafie hanno da sempre la capacità di mettere insieme il livello della società locale con i traffici internazionali. Quindi da sempre hanno questa capacità di adattamento ai processi di mutamento dell’economia e della politica», racconta al Corriere della Calabria Rocco Sciarrone, presidente della SISMA – Società scientifica italiana degli studi su mafie e antimafia.
Interdipendenza e carattere sovranazionale
«C’è una forte interdipendenza tra il livello locale, regionale, nazionale e poi sovranazionale», prosegue Sciarrone. «La dimensione economica oggi si muove sui grandi traffici illeciti, ma le mafie al tempo stesso hanno la capacità e anche la necessità di essere radicate e non rinunciano al controllo del territorio». La carenza dei servizi, la desertificazione del sistema sanitario, il gap sempre più evidente tra sacche povere della società e ceto alto non fa altro che favorire il proliferare di cellule mafiose in grado di infettare il tessuto sociale di un Paese. «Sono proprio questi fattori che favoriscono la riproduzione e la persistenza delle mafie. Sono proprio questi elementi che venivano richiamati che costituiscono i fattori di successo delle mafie e al tempo stesso ci fanno vedere quanto una strategia che resta limitata e circoscritta sul piano della repressione, che pure è fondamentale, ha il fiato corto», sottolinea Sciarrone. «Perché se non si risolvono questi problemi strutturali, ci saranno sempre le condizioni di contesto che favoriscono il riemergere e il riprodursi delle organizzazioni mafiose».
Quali soluzioni?
«Bisogna concentrarsi sul funzionamento dell’economia, della società, dei servizi, dei diritti di cittadinanza». In buona sostanza siamo troppo attenti al “contorno” delle operazioni di contrasto alla ‘ndrangheta rispetto agli effetti drammatici che l’agire mafioso produce? «Sì, sono convinto di questo. Non significa non riporre attenzione ai traffici illeciti, agli aspetti più strettamente criminali, ma limitarsi ad agire su questo piano non è sufficiente. Oggi abbiamo delle strategie, degli strumenti di contrasto raffinati ed efficaci sul piano della repressione strettamente penale e stiamo invece sottovalutando tutti gli altri fattori che invece permettono, come dicevo, la riproduzione delle organizzazioni mafiose».
La Calabria e i “comuni degli altri”
La Calabria detiene un triste “primato” che riguarda lo scioglimento dei comuni. I tentacoli dei clan troppo spesso riescono a raggiungere i municipi trovando ampi spazi di manovra e preziose connivenze. «Questo fenomeno è ormai sotto gli occhi di tutti, la normativa era nata con intenti diversi e con elementi innovativi ormai tantissimi anni fa, ha fatto il suo tempo. Oggi bisognerebbe intervenire con un ampio dibattito, per mettere a punto una riforma e una revisione di questo strumento che allo stato delle cose non funziona», chiosa Sciarrone. (f.benincasa@corrierecal.it)
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