‘Ndrangheta e ristorazione: così i “Papaniciari” si erano presi la movida di Crotone – I NOMI
Secondo l’inchiesta della Dda di Catanzaro, il gruppo capeggiato da Micu Megna avrebbe “occupato” il lungomare pitagorico

CROTONE Un sodalizio criminale attivo dagli anni ’90 e che, nonostante i colpi inferti dalla magistratura, ha continuato la propria attività nella frazione di Papanice, ma anche a Crotone e nei comuni limitrofi. Oggi una nuova operazione portata a termine dagli uomini della Guardia di Finanza ha coinvolto tre soggetti: Gaetano Russo (cl. ’80), Gianluca Pennisi (cl. ’75) – entrambi finiti in carcere – e Nicola Siniscalchi (cl. ’74) per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
L’indagine della Dda di Catanzaro ha proseguito nel solco già segnato dall’importante inchiesta “Glicine-Acheronte” e, oltre a fornire una ricostruzione degli assetti del gruppo criminale dei “Papaniciari”, si è focalizzata sull’infiltrazione dell’associazione criminale nel settore agro-alimentare e, soprattutto, nel settore della ristorazione.
Il ruolo del boss “Micu” Megna
Come riporta il gip nell’ordinanza, il gruppo, nonostante l’evento traumatico legato al decesso di Luca Megna, sarebbe comunque riuscito a mantenere «l’originaria struttura, anche verticistica, in ragione della rinnovata presenza sul territorio del capo storico Mico Megna», padre di Luca, tornato in libertà per fine pena e intorno al quale «la consorteria risulta essersi ricompattata». Come già ricostruito in recenti inchieste, infatti, Domenico Megna, grazie all’apporto del nipote Mario, avrebbe assunto «nuovamente il controllo del gruppo e delle attività economiche riconducibili alla famiglia», con la progressiva penetrazione «nel tessuto economico afferente ai settori dell’agro-alimentare, della ristorazione e del gaming, con influenze anche nel nord Italia e sul territorio estero», osserva ancora il gip.
Il lungomare in mano ai “Papaniciari”
Un “successo”, quello dei Papaniciari, ottenuto in particolare nelle attività di ristorazione. Già dall’inchiesta “Glicine”, infatti, era emerso il ruolo di Gaetano Russo «stretto collaboratore e uomo di fiducia di Micu Megna» il quale gli avrebbe conferito direttamente il compito di occuparsi degli investimenti da effettuare in Lombardia. Basi sulle quali – secondo l’accusa e come riportato dal gip nell’ordinanza – il gruppo criminale avrebbe fondato l’occupazione del tessuto economico crotonese attraverso una «significativa alterazione della libera determinazione concorrenziale», tra intimidazioni e omertà. Un interesse nutrito dai “Papaniciari” in particolare sul lungomare di Crotone, insidiando il cuore della movida provinciale con «la collocazione di fiduciari dell’organizzazione delinquenziale all’interno di compagini societarie», osserva ancora il gip.
Russo, Pennisi e l’imprenditore Siniscalchi
L’infiltrazione della cosca di ‘ndrangheta avrebbe raggiunto, quindi, il cuore strategico-commerciale della città pitagorica, con un progetto delinquenziale garantito proprio da Russo e da Pennisi, «espressione diretta dei Papaniciari», con la collaborazione di Nicola Siniscalchi, noto imprenditore dotato di una significativa esperienza pregressa nel settore ristorativo. L’infiltrazione e la permanenza nel tessuto economico «non è avvenuta sempre in maniera pacifica», osserva ancora il gip. Gli interessi commerciali delle società gerite sono stati protetti, in caso di esigenza, «ricorrendo al metodo mafioso concretamente esercitato». Già perché, come emerso dalle indagini, i sodali avrebbero messo in atto ripetuti e gravi «atti intimidatori nei confronti di un giovane imprenditore crotonese che aveva avviato, in modo autonomo e indipendente, un’attività commerciale confliggente con quelle dirette dal sodalizio mafioso», attivo nello stesso settore e, soprattutto, ubicata nella stessa area urbana. (g.curcio@corrierecal.it)
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