Disturbi alimentari, in gravidanza più rischi respiratori per i figli
Una nuova ricerca ha esaminato le associazioni tra disturbi del comportamento alimentare materni ed esiti respiratori nella prole

Un disturbo alimentare prima della gravidanza è stato associato a un rischio complessivo aumentato del 25% di respiro sibilante in età prescolare, sebbene questo variasse considerevolmente da una coorte all’altra. Il dato emerge da una nuova ricerca appena pubblicata sulla rivista Thorax, che ha esaminato le associazioni tra disturbi del comportamento alimentare materni ed esiti respiratori nella prole. Sono stati analizzati i dati di 131.495 coppie madre-figlio in sette coorti dell’Eu Child Cohort Network. Alla ricerca ha partecipato il progetto Ninfea, la più grande coorte italiana arruolata tramite Internet che raccoglie dal 2005 dati su più di sette mila coppie di mamme e bambini sull’intero territorio italiano e il cui progetto è condotto in collaborazione tra l’Aou Città della Salute e della Scienza di Torino e l’Università di Torino. È stato inoltre osservato un rischio aumentato del 26% di asma in età scolare, un risultato che risultava molto più coerente tra le coorti. Questi rischi aumentati si sono solo leggermente attenuati dopo aver escluso le madri affette da depressione o ansia. Associazioni simili con l’asma in età scolare sono state riscontrate per anoressia nervosa e bulimia nervosa, mentre il respiro sibilante in età prescolare è stato associato solo alla bulimia nervosa. Sebbene le associazioni osservate differissero leggermente nei diversi periodi di esposizione (prima, durante o dopo la gravidanza) non è emersa una finestra temporale distinta di suscettibilità. Alla luce dei risultati, lo studio sottolinea la necessità di garantire un’assistenza mirata alle donne con disturbi alimentari, non solo durante la gravidanza ma anche nel periodo successivo, così da tutelare anche la salute respiratoria dei loro bambini. Per i clinici, questo significa adottare un approccio realmente olistico al benessere materno, che includa non solo la salute fisica, ma anche quella psicologica e nutrizionale. Una maggiore consapevolezza di questi possibili effetti può aiutare a promuovere un’assistenza più integrata per le madri che convivono, o hanno convissuto, con un disturbo alimentare.
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