Bilancio della Regione e Commissioni, Tridico e Bruno all’attacco
L’europarlamentare stigmatizza la mancata assegnazione della Vigilanza all’opposizione. Il consigliere regionale critica la manovra

LAMEZIA TERME «Il peggiore centrodestra della storia della Repubblica, quello calabrese, non sa proprio dove stia di casa il bon ton istituzionale. Occhiuto e i suoi non rispettano il gentlemen agreement che avevamo già condiviso sulla presidenza della commissione Vigilanza da affidare alle opposizioni, ma fagocitano ferocemente tutti gli organi consiliari, dimostrando talmente tanta brama di potere da sembrare un regime dispotico. Il governatore così mira al controllo totale e pervasivo della res pubblica senza farsi alcuno scrupolo sulle parole date. Atteggiamenti forse comprensibili – ma ingiustificabili – per chi campa di politica da sempre. Inutile dire che ci aspettavamo più rispetto dei ruoli e delle istituzioni, comunque oltraggiate quotidianamente da condotte del genere che nulla hanno di moderato o liberale». È quanto dichiara l’europarlamentare Pasquale Tridico, già candidato alla presidenza della Regione Calabria.
L’intervento di Bruno
«Il Documento di Economia e Finanza discusso ieri in Consiglio regionale, nell’ambito della seduta dedicata al bilancio di previsione della Regione Calabria, restituisce l’immagine di una legislatura priva di una reale strategia di sviluppo». Lo afferma il consigliere regionale Enzo Bruno, capogruppo di Tridico Presidente. «Il DEF viene presentato dalla Giunta come lo strumento del “nuovo corso”, ma gli stessi dati contenuti nel Documento smentiscono questa narrazione. Il contesto macroeconomico della Calabria non è cambiato: restiamo ultimi per Pil pro capite, con un’economia ancora fortemente dipendente dalla spesa pubblica e dai trasferimenti straordinari. Senza PNRR e superbonus, la Calabria sarebbe stata travolta da una crisi ben più profonda. Questa non è programmazione dello sviluppo, è gestione della precarietà». Per Bruno, «il Documento non affronta i divari interni alla regione, non propone politiche industriali né strumenti anticiclici, mentre continua l’emorragia di giovani e competenze. Si parla di competitività, ma senza creare le condizioni minime per trattenerle». Il capitolo più critico resta però quello della sanità. «Il DEF regionale continua a ignorare colpevolmente i dati ufficiali del Piano Nazionale Esiti di Agenas, che descrivono una sanità calabrese ancora segnata da criticità strutturali gravi. Non si tratta di opinioni politiche, ma di indicatori certificati dallo Stato, che impongono audit clinici obbligatori in molti dei principali presìdi ospedalieri della regione». «I numeri parlano chiaro – prosegue Bruno –: volumi di attività sotto le soglie di sicurezza, ritardi nelle cure tempo-dipendenti, esiti clinici peggiori rispetto alla media nazionale e una mobilità sanitaria passiva che continua a drenare risorse, professionalità e fiducia dei cittadini». Secondo i dati Agenas, «le aziende ospedaliere di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria presentano criticità tali da rendere necessari audit clinici in settori strategici come cardiologia, neurologia, emergenza-urgenza, chirurgia oncologica, ortopedia e area materno-infantile». «A Cosenza – sottolinea il capogruppo – emergono indicatori in fascia di attenzione e criticità rilevanti in chirurgia vascolare, neurochirurgia e oncologia. A Catanzaro, tra Pugliese e Mater Domini, si registrano problemi nei percorsi neurologici e cardiocircolatori, con volumi sottosoglia in diversi ambiti. A Reggio Calabria il quadro è ancora più complesso, con criticità diffuse in ambito cardiovascolare, neurologico, respiratorio e materno-infantile». «Nel loro insieme – conclude Bruno – questi dati dimostrano che la sanità calabrese non può essere governata con annunci o narrazioni rassicuranti. Il Piano Nazionale Esiti indica con precisione dove intervenire e quali responsabilità assumere. Continuare a ignorarlo significa rinunciare a una vera riforma del sistema sanitario regionale e scaricare il costo delle inefficienze sui cittadini, soprattutto sui più fragili». «Questo DEF non è uno strumento di cambiamento, ma un atto di autoassoluzione politica. La Calabria ha bisogno di scelte coraggiose e di una sanità che funzioni davvero, non di propaganda».
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