Il Sin di Crotone e l’allarme sul rischio sanitario: «Metalli oltre i limiti» ed «eccessi di mortalità per tumori»
Per la Commissione Ecomafie occorre «l’adozione di un piano unitario di monitoraggio ambientale e sanitario» e «la piena attuazione del modello di coordinamento commissariale»

ROMA «Metalli oltre i limiti» consentiti, ricoveri e morti per tumori. «Significativi eccessi di mortalità e ospedalizzazione per numerose patologie tumorali e non tumorali, per alcune delle quali accertato, o sospetto, un ruolo eziologico dei contaminanti presenti nel sito». Con questo passaggio chiave della relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, viene delineato l’allarmante quadro sanitario nel Sin di Crotone–Cassano–Cerchiara. Il documento, un’analisi ambientale, amministrativa e giudiziaria, basato sulle analisi dell’Istituto Superiore di Sanità e del Cnr, conferma che la mortalità per cause con evidenza di associazione a fonti di esposizione ambientale è «accertata “in eccesso in entrambi i generi”».
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Metalli oltre i limiti nei suoli e nelle acque
I rilievi tecnici evidenziano una situazione di criticità nei suoli e nelle acque. Nell’area ex Pertusola – si legge testualmente nel documento – è stato rilevato che «alcuni metalli superano di migliaia di volte i limiti normativi previsti dal D.Lgs. 152/2006», con il cadmio che oltrepassa di oltre mille volte la soglia di legge. Per quanto riguarda le acque sotterranee, la relazione specifica che «i metalli che superano ampiamente i limiti di legge sono cadmio, piombo e mercurio, inquinanti persistenti, tossici e bioaccumulabili». Anche le indagini condotte nell’area portuale confermano una «diffusa ed elevata contaminazione», con livelli di cromo definiti «estremamente elevati» e concentrazioni superiori ai valori di intervento Ispra.
«Eccesso di ricoveri per tutti i tumori in età 0-29 anni»
Sul piano epidemiologico, i dati del rapporto “Sentieri” segnalano «un eccesso di ricoveri per tutti i tumori in età 0-29 anni» e per linfomi non Hodgkin in età pediatrico-giovanile. Poiché molti degli inquinanti rinvenuti rientrano tra le sostanze indicate dalla Direttiva 2013/39/UE come «prioritarie o pericolose prioritarie», la Commissione ha ribadito nelle sue conclusioni «l’improcrastinabilità delle attività di bonifica, quantomeno in osservanza del principio di precauzione».
Un quadro a cui si aggiungono gli studi e i pareri del CNR-IAS, richiesti dal Mase, che «hanno confermato la necessità di indagini specifiche su bioaccumulo marino, radiometria e caratterizzazione geofisica dei fondali, per valutare in maniera integrata il rischio sanitario derivante dall’esposizione a sostanze tossiche persistenti».
«La complessità del contesto territoriale, caratterizzato da fonti di esposizione multiple, combinazioni di inquinanti e fattori socio-economici, rende difficile una quantificazione univoca del rischio». Le evidenze scientifiche – si legge ancora nella relazione – disponibili sono state giudicate tali da imporre «l’istituzione di una sorveglianza epidemiologica permanente», in linea con le raccomandazioni fornite dagli enti di controllo ambientale e sanitario.
Sotto il profilo amministrativo, la relazione evidenzia come le misure adottate finora abbiano avuto «natura contenitiva ma non risolutiva», a causa di una «pluralità di proposte di progetti operativi di bonifica che hanno determinato un rinvio sistematico delle decisioni». Lo stallo è stato alimentato dalla limitata disponibilità impiantistica e dai numerosi contenziosi che hanno rallentato le procedure. Per superare questa fase, la Commissione scrive che occorre «l’adozione di un piano unitario di monitoraggio ambientale e sanitario, con indicatori di performance verificabili, nonché la piena attuazione del modello di coordinamento commissariale, condizione abilitante per la riduzione dei tempi e per il conseguimento degli obiettivi di risanamento ambientale effettivo nel Sin».
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