‘Ndrangheta nella Sibaritide, chiuse le indagini sull’omicidio del “Brasiliano” Massimo Speranza – NOMI
Lo scorso 3 aprile, la Dia di Catanzaro aveva concluso il blitz coordinato dalla Dda. La vittima considerata una spia, uccisa dagli “Zingari”

COSENZA Chiuse le indagini preliminari sull’omicidio di Massimo Speranza, alias “il Brasiliano”, commesso nel settembre del 2001. Lo scorso 3 aprile 2025, la Dia di Catanzaro aveva concluso il blitz che ha portato ad eseguire un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nei confronti degli indagati. Si tratta di Giovanni Abruzzese detto “U Cinese”, Armando Abbruzzese, Rocco Azzaro, Ciro Nigro.
Le accuse
Secondo l’attività investigativa della Dda di Catanzaro, i quattro – insieme ad altri due soggetti deceduti – in concorso avrebbero portato a termine un piano volto all’eliminazione di soggetti che avrebbero potuto minare con le loro condotte organizzazione ed operatività dell’associazione criminale ‘ndranghetista degli Zingari di Cosenza. Per questo motivo sarebbe stata decisa la morta di Massimo Speranza, detto “Il Brasiliano”, raggiunto da due colpi di arma da fuoco esplosi a bruciapelo, con una pistola semiautomatica e poi fatto sparire. Il suo cadavere è stato occultato in un boschetto di San Demetrio Corone.
I ruoli dei presunti responsabili
Nella ricostruzione dell’agguato, chi indaga ha cristallizzato ruoli e compiti dei presunti responsabili. Giovanni Abruzzese avrebbe deliberato e pianificato il delitto ritendendo Speranza un portatore di notizie riservate, relative ad attività criminali e all’organizzazione degli “Zingari” ad esponenti del gruppo degli “Italiani”. Armando Abbruzzese, invece, avrebbe avuto un ruolo nella realizzazione dell’omicidio, «prima accompagnandolo a bordo di un’autovettura, dal bar nel quartiere Lauropoli a quello di Apollinara, dove ad attenderli ci sarebbe stato Ciro Nigro». E poi, sempre Armando Abbruzzese, avrebbe condotto la vittima, «a bordo dell’auto di Nigro, in una abitazione dove la vittima veniva sparata a bruciapelo alla testa con una pistola semiautomatica da Eduardo Pepe (deceduto) e preso parte alle operazioni di occultamento del cadavere». Rocco Azzaro avrebbe assistito all’uccisione di Speranza e insieme agli altri indagati avrebbe trascinato il cadavere all’esterno dell’abitazione per provvedere al suo occultamento.
Il delitto
La Dia ha ricostruito il movente, maturato nel contesto mafioso riconducibile alla cosca degli Zingari di Cosenza con l’avallo dell’articolazione ‘ndranghetistica degli zingari di Cassano, in quanto la vittima, pur abitando in via Popilia a Cosenza, zona caratterizzata da una forte presenza Rom, era ritenuta molto vicino al clan contrapposto degli “italiani” e sospettato di aver divulgato informazioni riservate riguardanti il gruppo Rom. Si tratta di vicenda maturata nel periodo in cui, nella città dei bruzi, vi era una forte contrapposizione tra il clan dei Rom e quello degli italiani, della quale costituiva episodio emblematico strage di via Popilia, avvenuta l’11 novembre 2000.
In tale fase di forte fibrillazione, il giovanissimo Massimo Speranza, sospettato di delazioni, sarebbe stato attratto in una trappola, ordinata ai suoi danni, dai presunti responsabili dell’omicidio che lo hanno condotto da Cosenza nella zona di Cassano allo Ionio, con il pretesto di fargli “testare” una partita di stupefacente di particolare qualità. (redazione@corrierecal.it)
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