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Pil e redditi: Calabria fanalino di coda, ma il Mezzogiorno accelera

I dati Istat 2024 mostrano segnali di crescita nel Sud, mentre resta alto il peso del sommerso

Pubblicato il: 22/12/2025 – 12:09
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Pil e redditi: Calabria fanalino di coda, ma il Mezzogiorno accelera

COSENZA Il divario economico tra Nord e Sud resta profondo, ma i dati più recenti dell’Istat restituiscono un quadro articolato, fatto di luci e ombre. Dai conti economici territoriali emerge infatti una Calabria ancora fanalino di coda per Pil e reddito disponibile, ma inserita in un Mezzogiorno che, su alcuni indicatori, mostra segnali di crescita superiori alla media nazionale.
Secondo l’Istat, nel 2024 la graduatoria regionale del Pil pro capite vede saldamente in testa la Provincia autonoma di Bolzano, con 61,6 mila euro per abitante, seguita da Lombardia (50,4 mila), Provincia autonoma di Trento (47,8 mila) e Valle d’Aosta (47,7 mila). Il Lazio si conferma la regione più ricca del Centro con 43,2 mila euro, davanti a Toscana (39,3 mila), Marche e Umbria.
Nel Mezzogiorno, la regione con il Pil pro capite più elevato è l’Abruzzo (32,1 mila euro), seguito da Basilicata (28,4 mila), Molise e Sardegna (27,7 mila). La Calabria resta all’ultimo posto della classifica nazionale con 21,7 mila euro per abitante, preceduta dalla Sicilia (23,3 mila).
Il dato calabrese appare ancora più fragile se si guarda alla composizione territoriale e settoriale del valore aggiunto. A livello provinciale, l’Istat evidenzia come il contributo dell’industria sia estremamente ridotto: il valore aggiunto industriale pro capite si ferma a 1,1 mila euro a Reggio Calabria e a 1,3 mila euro a Cosenza, a fronte dei 16,8 mila euro di Modena o dei 15,5 mila di Vicenza. Anche nel settore delle costruzioni, Reggio Calabria figura tra le province con i valori più bassi, pari a 1,1 mila euro per abitante.
Un altro elemento strutturale che incide pesantemente sul quadro economico del Sud, e in particolare della Calabria, è il peso dell’economia non osservata. Nel 2023, ultimo anno disponibile, l’economia sommersa e illegale ha rappresentato in Italia l’11,3% del valore aggiunto complessivo, con un’incidenza sul Pil pari al 10,2%, in lieve aumento rispetto al 2022. Il fenomeno è nettamente più marcato nel Mezzogiorno, dove arriva al 16,5%, contro l’11,8% del Centro e valori inferiori al 10% nel Nord.
A livello regionale la Calabria registra il dato più elevato in assoluto: l’economia non osservata pesa per il 19% del valore aggiunto complessivo, a fronte del minimo del 7,4% della Provincia autonoma di Bolzano. In particolare, il sommerso legato al lavoro irregolare raggiunge in Calabria l’8,3% del valore aggiunto, il livello più alto in Italia, seguita da Campania (7%) e Sicilia (6,4%). Anche la componente dell’economia illegale incide maggiormente in Calabria, con il 3,2%, contro l’1,2% registrato in regioni come Lombardia e Veneto.
Sul fronte della crescita economica, tuttavia, il quadro appare meno uniforme. Nel periodo 2022-2024 la crescita del Pil in volume più elevata si registra in Sicilia (+1,8%), seguita da Sardegna (+1,3%), Lazio e Lombardia (+1,2%). La Basilicata cresce dell’1%, mentre l’Abruzzo si colloca in linea con la media nazionale (+0,7%). La Calabria rientra nel gruppo delle regioni con una crescita più contenuta, soprattutto sul fronte dei consumi delle famiglie, che aumentano dello 0,5%, al pari di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Bolzano.
Proprio i consumi e il reddito disponibile offrono però uno spiraglio positivo per il Sud. Nel 2024 il reddito disponibile delle famiglie nel Mezzogiorno è cresciuto del 3,7%, più della media nazionale, raggiungendo i 17,8 mila euro per abitante (contro i 17,2 mila del 2023). Nonostante ciò, il divario resta ampio: nel Nord-ovest il reddito disponibile pro capite è pari a 27,1 mila euro, mentre la Calabria si colloca ancora una volta all’ultimo posto con 16,8 mila euro, preceduta da Campania (17,2 mila) e Sicilia (17,4 mila). (f.v.)

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