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Comunicazione e sicurezza, la lezione di De Kerckhove all’Università della Calabria

Tempo, coscienza e informazione al centro dell’incontro del sociologo di fama internazionale con gli studenti del Master in Intelligence

Pubblicato il: 23/12/2025 – 13:21
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Comunicazione e sicurezza, la lezione di De Kerckhove all’Università della Calabria

RENDE “Comunicazione e sicurezza nel XXI secolo” è il titolo della lezione tenuta da Derrick de Kerckhove, sociologo di fama internazionale, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. De Kerckhove ha incentrato il proprio contributo sul mutamento del pensiero umano, dei meccanismi cognitivi e della percezione della realtà nell’epoca delle tecnologie digitali, dei media in rete e, più recentemente, dell’intelligenza artificiale generativa. Il punto di partenza è l’esperienza del presente come dimensione radicalmente diversa rispetto alla tradizionale percezione lineare del tempo. In tal senso, il docente evoca le riflessioni di Carlo Rovelli e Karen Barad, secondo cui il tempo non sarebbe una continuità uniforme, ma una successione di “epifanie”, istanti discontinui in cui il reale appare in risposta all’osservazione. Questa visione mette in discussione l’idea di continuità del tempo e della materia che la nostra memoria ci suggerisce: continuità che è solo apparente, perché appartiene più alla mente che alla realtà fisica. La memoria mantiene tracce che costruiscono narrazioni coerenti, ma nel mondo quantistico questa coerenza è instabile e continuamente rigenerata. Questo primo livello di riflessione serve a impostare una cornice filosofica attraverso cui leggere l’impatto del digitale sulla mente. e, come suggeriscono gli studi citati, la coscienza partecipa attivamente alla costruzione del reale, allora l’avvento delle tecnologie dell’informazione modifica non solo i comportamenti sociali, ma la struttura stessa della percezione. La mediazione digitale sarebbe dunque molto più di un semplice canale: diventa un ambiente cognitivo. De Kerckhove passa quindi a esaminare la condizione culturale dell’epoca contemporanea, segnata da volatilità, frammentazione e sovraccarico informativo. Questa condizione produce conseguenze rilevanti sui processi cognitivi: la ricerca di informazioni avviene in ecosistemi governati da algoritmi, sistemi di clusterizzazione e logiche di personalizzazione che restringono il campo delle fonti e favoriscono la costruzione di “bolle informative“. La Rete, lungi dall’ampliare orizzonti cognitivi e pluralismo, tende a consolidare le opinioni pregresse e a compiacere l’utente, riducendo le occasioni di confronto critico. Ciò modifica profondamente le forme della democrazia e della comunicazione politica: l’intervento richiama la degenerazione di una “politica follower“, che orienta le proprie scelte in base a sondaggi e trend minimi, seguendo paure e reazioni immediate degli utenti invece di elaborare visioni strategiche. Si delinea così un quadro in cui la società è ingabbiata nella simultaneità del presente, nell’immediatezza della reazione, nella perdita del tempo lungo. Questo produce conseguenze sulla capacità di pensiero complesso, sulla qualità del dibattito pubblico e anche sulla tenuta dei sistemi istituzionali. A questo punto il docente rappresenta l’esistenza di un legame significativo tra la crisi dei processi cognitivi e quella delle strutture organizzative dello Stato, incluso l’apparato di intelligence. Infatti, in una società che perde gradualmente profondità analitica, che frammenta il discorso e ricerca gratificazioni immediate, fatica a investire nella prevenzione, nella costruzione di cultura e nella valorizzazione delle competenze, anche l’intelligence è esposta a tali minacce. De Kerckhove richiama implicitamente le considerazioni precedenti sulla mediocrità, sulle logiche di spoil system e sulla frustrazione delle professionalità interne, evidenziando che tali fenomeni non sono isolati, ma alimentati da un ecosistema culturale che privilegia il consenso immediato e l’apparenza. L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa è dunque interpretato come accelerazione ulteriore di queste tendenze. La produzione automatica di testi e contenuti rischia di amplificare la perdita di continuità nel pensiero umano, producendo narrazioni istantanee che si sostituiscono al processo di riflessione e sedimentazione. L’intelligenza artificiale viene infatti percepita come il prolungamento esterno della mente collettiva, capace di rifletterne bias, limiti, inconsistenza e volatilità. Nel passaggio finale, il docente insiste sulla responsabilità umana nella costruzione della realtà e dell’infosfera. Se, come affermano Rovelli e altri, il mondo “si rappresenta” all’osservatore, allora nel contesto digitale la mente co-crea la realtà insieme agli strumenti tecnologici che utilizza. Questo implica un’etica della percezione e della comunicazione: occorre sviluppare consapevolezza critica, vigilare sulla qualità delle informazioni e sulle architetture cognitive che mediano l’esperienza. In sintesi, l’intervento di De Kerckhove evidenzia una crisi della continuità del tempo e della narrazione; la trasformazione del reale in sequenze di apparizioni istantanee; l’impatto del digitale sui meccanismi cognitivi e sulla democrazia; la responsabilità nell’uso delle tecnologie che co-creano la realtà; il rischio di mediocrità e deresponsabilizzazione delle istituzioni; la necessità di recuperare pensiero critico, profondità e cultura della complessità. La lezione costituisce così una riflessione filosofica e culturale che mostra come le trasformazioni cognitive prodotte dal digitale rappresentino una sfida cruciale anche per le istituzioni, i processi decisionali e i sistemi democratici. Per concludere sull’intelligenza. Tutto quanto sopra riflette considerazioni sul presente, ovvero sull’istantaneità del mondo, ridotto alla sua continua costruzione e alle sue incertezze, ora soggetto alla crisi epistemologica tra il nostro passato alfabetico e nostro presente digitale. Regna il caos e c’è il pericolo reale che, per sfuggirgli, la cultura globale e il “nuovo ordine sociale” debbano compiere un salto brutale dalla democrazia alla datacrazia. Tuttavia, de Kerckhove ha anche insistito sul fatto che, fondamentalmente, gli algoritmi non sono in competizione con le lettere dell’alfabeto. Al contrario, entrambi rappresentano la tecnicizzazione delle due principali strategie cognitive dell’intelligenza umana. La prima, che diamo per scontata, è la relazione simbolica di cui il linguaggio è la manifestazione più evidente. Tutto ha un nome e le relazioni simboliche governano i nostri rapporti con le cose e con gli altri. La seconda, che nella vita viene prima, già nel grembo materno, è il riconoscimento dei modelli. La propriocezione e la percezione graduale della frequenza, del ritmo e degli intervalli dei suoni e delle sensazioni da parte del feto sono tra le sue primissime esperienze, il suo primo modo di riconoscere e comprendere. Grazie alla tecnologia digitale, il riconoscimento dei modelli incontra ora le relazioni simboliche sulla rete e produce un’intelligenza artificiale generativa. Grazie a questo incontro provvidenziale, le due strategie cognitive si moltiplicano a vicenda. Un futuro già in atto può essere previsto dalla crescita fenomenale dell’intelligenza media globale, che non solo beneficia della collaborazione delle scoperte, delle invenzioni, dell’immaginazione e delle organizzazioni degli esseri umani più attenti, ma anche dell’autoregolazione di un potere che passerà ancora una volta dalla forza bruta all’intelligenza.

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