‘Ndrangheta, dal Crotonese a Verona: la rete mafiosa sotto processo. E metà degli imputati vive nel Veronese
Associazione mafiosa, armi, droga e riciclaggio tra le contestazioni. Nessun cittadino privato si è fatto avanti per chiedere gli eventuali risarcimenti

È entrato nel vivo nei giorni scorsi il terzo filone giudiziario sull’infiltrazione della ’ndrangheta nel territorio veronese. Nell’aula bunker del tribunale di Mestre, si è aperta l’udienza preliminare chiamata a decidere se rinviare a giudizio 33 imputati nell’ambito di un’inchiesta che punta i riflettori, in particolare, sui settori dell’edilizia e del movimento terra. Una buona fetta degli imputati ha chiesto il rito abbreviato che prevede uno sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
Il procedimento, com’è noto, rappresenta un ulteriore sviluppo dell’operazione “Isola Scaligera”, che negli anni ha già portato a condanne definitive. Alcuni degli imputati chiamati ora davanti al giudice risultano infatti già condannati in via definitiva in precedenti stralci dell’indagine.
Il quadro accusatorio è particolarmente pesante: si va dall’associazione di tipo mafioso, prevista dall’articolo 416 bis del Codice penale, fino a reati legati al traffico di armi e stupefacenti, al riciclaggio di denaro, alle estorsioni e agli incendi dolosi.
Secondo la ricostruzione della Direzione distrettuale antimafia, gli indagati avrebbero progressivamente preso il controllo di diverse imprese attraverso intimidazioni e pressioni, svuotandole dall’interno per piegarle agli interessi del sodalizio criminale.
Al centro dell’inchiesta tornano i presunti esponenti della cosca Arena-Niscoscìa, originaria del Crotonese, che nel Veronese avrebbe dato vita a una “locale” formalmente collegata alla struttura madre calabrese ma capace di muoversi con una significativa autonomia operativa.
Tra i nomi più rilevanti figura quello di Antonio Giardino, detto “Totareddu”, ritenuto dagli inquirenti il vertice dell’organizzazione. Giardino è attualmente detenuto nel carcere di Opera, a Milano, e compare anche nel secondo filone dell’indagine, “Isola Scaligera 2”, già all’esame della Corte d’Assise di Verona.
Davanti al giudice dell’udienza preliminare, Benedetta Vitolo, hanno già formalizzato la costituzione di parte civile la Regione Veneto, il Comune di Verona, la Cgil di Verona e la Cgil Veneto. Nessun cittadino privato però si è fatto avanti per chiedere gli eventuali risarcimenti. Un segnale che secondo la Cgil non deve essere sottovalutato.
Un dato significativo riguarda la distribuzione territoriale degli imputati: come riportato dal quotidiano l’Arena, circa la metà dei 33 chiamati a giudizio risiede nel Veronese, tra la città capoluogo e diversi comuni della provincia, tra cui Lazise, Bussolengo, San Pietro in Cariano, San Giovanni Lupatoto, Villafranca e Povegliano Veronese. Tra questi figurano anche soggetti già noti alle cronache giudiziarie, come lo stesso Giardino, condannato in passato a 29 anni e 4 mesi di reclusione per reati di stampo mafioso.
il procedimento proseguirà il prossimo 16 gennaio e sarà decisivo per stabilire se il terzo filone dell’inchiesta approderà a un nuovo processo, aggiungendo un ulteriore tassello giudiziario al quadro delle infiltrazioni mafiose nel Nord Est. (f.v.)
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