REGGIO CALABRIA Su disposizione del procuratore Federico Cafiero de Raho, gli uffici della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria stanno ultimando l`invio di tutti gli atti relativi al fascicolo aperto a Reggio Calabria sulla evasione dagli arresti domiciliari e sullo scottante memoriale fatto pervenire dal tuttora irreperibile collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice. Un atto dovuto in presenza delle gravi accuse che Lo Giudice muove a magistrati che sono o sono stati in servizio a Reggio Calabria. Stando, infatti, a quanto si legge nelle sei pagine che il “Nano” ha fatto pervenire e che ha voluto che fossero rese pubbliche, la sua collaborazione sarebbe stata “drogata” da quella che definisce una “cricca di magistrati” che lo avrebbero indotto a rivelare cose di cui né era né poteva essere a conoscenza. Sotto accusa magistrati protagonisti della passata gestione della Procura reggina – l’ex capo della Dda reggina, oggi alla guida della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone, il suo aggiunto, tuttora a Reggio Calabria, Michele Prestipino, e il sostituto Beatrice Ronchi, da tempo trasferita a Bologna, ma applicata a Reggio proprio per il processo alla cosca Lo Giudice. Sarebbero stati loro – afferma il pentito nel suo scritto – a «costringerlo ad accusare innocenti».
Tutti profili che adesso toccherà ai magistrati catanzaresi – competenti per le indagini che coinvolgono i colleghi del distretto limitrofo – valutare. Ma a Catanzaro potrebbe toccare anche l’arduo compito di investire anche altre Procure per indagini di loro competenza. Anche i magistrati perugini – curiosamente la medesima sede in cui secondo alcune indiscrezioni l’aggiunto Michele Prestipino avrebbe da tempo chiesto di essere trasferito – potrebbero occuparsi di quanto denunciato da Lo Giudice. Proprio a Roma – stando a quanto il “Nano” ha denunciato, allegando a riprova il decreto di citazione per un colloquio investigativo nel carcere di Rebibbia – il collaboratore sarebbe stato sottoposto a minacce e pressioni per riferire particolari di cui non era a conoscenza, riguardanti «tale Giovanni Aiello e una certa Antonella che non sapevo che esistevano e che malgrado la mia opposizione a tale richiesta ho subìto forti pressioni e minacciato che se non rispondevo quella sarebbe stata l`ultima volta che ci saremmo visti. Accettai quanto mi veniva suggerito dal dottor Donadio, facendomi firmare quanto a lui conveniva». E da lui Donadio avrebbe preteso di sapere notizie non solo su entrambi i personaggi – che Lo Giudice avrebbe ammesso di aver conosciuto solo perché sotto pressione – ma anche delle confidenze che tale Aiello gli avrebbe fatto sugli «attentati Borsellino e di omicidi avvenuti in Sicilia ai danni di due poliziotti in borghese e di altro omicidio consumato ai danni di un bambino sempre in Sicilia».
«Alla fine di questi discorsi – si legge ancora nel memoriale – chiesi io a lui di suggerirmi i nomi di queste persone di cui parlava e così mi disse che si trattava di un certo Aiello e una certa Antonella tutti e due facevano parte a Servizi deviati dello Stato e che la donna era stata ad Alghero in una base militare dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi e che era solito recarsi a Catanzaro in una località balneare per trascorrere il periodo estivo. Ancora prima di me era stato convocato Villani Consolato e sicuramente è stato minacciato nelle medesime condizioni». Affermazioni pesantissime e ancora tutte da verificare, ma che gettano ombre pesanti anche sulla Direzione nazionale antimafia. Dal 2008 sostituto procuratore della Dna, Gianfranco Donadio è membro della Commissione pentiti, quella deputata a valutarne l’attendibilità, ai cui membri è formalmente vietato qualunque colloquio investigativo con i collaboratori. Per questo – secondo alcune fonti – Donadio, nonostante sia da tempo titolare di un’ampia delega per un’attività conoscitiva sulle stragi, non avrebbe potuto incontrare Lo Giudice. E il “Nano” non sarebbe stato l’unico ad essere convocato dal sostituto della Dna. «Ancora prima di me – si legge nelle sei pagine shock che Lo Giudice ha voluto far conoscere – era stato convocato Villani Consolato e sicuramente è stato minacciato nelle medesime condizioni».
Medesima convocazione che ha ricevuto – ha denunciato il suo legale – l’avvocato Giuseppe Nardo – Antonio Cortese, presunto armiere della cosca Lo Giudice. Qualche tempo fa, l’uomo, imputato per le bombe e le intimidazioni che nel 2010 hanno terrorizzato Reggio città, è stato prelevato dalla sua cella, condotto alla tenenza della guardia di finanza di Villa San Giovanni e invitato dal procuratore aggiunto della Dna, Gianfranco Donadio, a iniziare un percorso di collaborazione.
Questioni che altre procure – e probabilmente lo stesso Csm – saranno chiamate a valutare.
Resta nella competenza dei magistrati di Reggio, invece, la competenza ad indagare su alcuni dei filoni di indagine scaturiti dal memoriale. Oltre ad essere chiamata a collaborare con Ancona, la prima Procura competente per territorio sull’evasione di Lo Giudice, Reggio sarà infatti chiamata a gestire non solo gli sfaceli che la ritrattazione del Nano rischia di provocare nei dibattimenti in corso, ma anche quei sibillini riferimenti che Lo Giudice ha voluto fare a l’indagine che più di tutte è stata – almeno nell’ultimo decennio – sinonimo di trame e depistaggi: quella sulla trattativa Stato-mafia. Un fascicolo su cui da tempo i pm reggini stanno indagando e che potrebbe veder confluire parte delle piste che il memoriale del “Nano” lascia intravedere. Piste che potrebbero presto interessare anche la Procura di Palermo. (0040)
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