Perquisizione alla redazione reggina dell`Ora della Calabria
REGGIO CALABRIA Su disposizione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, questa sera attorno alle 20, la polizia ha eseguito una perquisizione nella redazione di Reggio del quotidiano l’Ora…

REGGIO CALABRIA Su disposizione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, questa sera attorno alle 20, la polizia ha eseguito una perquisizione nella redazione di Reggio del quotidiano l’Ora della Calabria, sequestrando contestualmente l’hard disk centrale di redazione. Nelle stesse ore, la polizia ha eseguito una perquisizione domiciliare a casa del caposervizio della redazione reggina del quotidiano, Consolato Minniti, al termine della quale gli sono state sequestrate le utenze cellulari, tanto quella personale, come quella di redazione. Stando alle prime indiscrezioni, il provvedimento sarebbe stato adottato a poche ore dalla pubblicazione di uno scottante verbale della Dna, che svela le indagini condotte dal procuratore aggiunto Gianfranco Donadio sulle stragi siciliane e la trattativa Stato-mafia. Una pista, quella battuta dal magistrato – accusato dall’ex collaboratore Nino Lo Giudice di averne drogato la collaborazione, inducendolo a rivelare particolari sulla trattativa Stato-mafia a lui sconosciuti – che porta dritta in Calabria. Stando a quanto si legge nel verbale della Dna pubblicato sull’edizione odierna dell’Ora della Calabria, sarebbero da inscrivere nella trattativa Stato-mafia sia la scomparsa di Francesco Calabrò – il fratello dell’ex collaboratore Giuseppe – sia gli omicidi degli appuntati Fava e Garofalo e quella stagione di attentati all’Arma che insanguinò le strade di Reggio nel `94. Vicende – come già emerso in passato in ricostruzioni giornalistiche – intrinsecamente legate. “Attualmente il Calabrò non è più sotto protezione ed ha subito la morte del fratello, secondo una causale che egli, nel colloquio investigativo svolto con Donadio, sembra riferire alla volontà di farlo tacere. Anche Villani (cugino di Lo Giudice), l’autore del duplice omicidio dei carabinieri, fa riferimento a una matrice stragista”. Gli elementi nuovi sarebbero due. Prima di tutto, emergerebbe per la prima volta il presunto mandante di quegli attentati. Si tratterebbe di tale Filippone “un importante esponente della ndrangheta (come conferma il collega Curcio) – si legge nel verbale pubblicato oggi – solo lambito negli anni da indagini che non ne hanno mai comportato né condanne né carcerazioni”. Il secondo elemento nuovo sarebbe il riferimento al “mostro”, un personaggio già emerso nel corso delle indagini sulle stragi, definito un “killer di stato”, e che potrebbe essere l’agente Giovanni Aiello, messo in passato sotto indagine ma la cui posizione è stata archiviata su richiesta della stessa Procura. Stando a quanto si legge nei verbali, Donadio avrebbe riferito in Dna che “nel corso del colloquio investigativo (..) con Lo Giudice, questo ha indicato il mostro quale autore delle stragi Falcone e Borsellino, dell’omicidio di due poliziotti, un uomo ed una donna, dell’omicidio di un bambino, avvenuto a Palermo. Lo Giudice fa riferimento anche ad una donna che accompagnava nelle sue azioni criminali “il mostro” e la definisce provvista di addestramento militare in un campo di Gladio”. Circostanze di cui anche Nino Lo Giudice ha parlato nel suo primo memoriale. Ma la versione che l’ex pentito, da mesi irreperibile, è decisamente diversa da quella fornita da Donadio in Dna. Allegando a riprova il decreto di citazione per un colloquio investigativo nel carcere di Rebibbia, il collaboratore afferma di essere stato sottoposto a minacce e pressioni per riferire particolari di cui non era a conoscenza, riguardanti «tale Giovanni Aiello e una certa Antonella che non sapevo che esistevano e che malgrado la mia opposizione a tale richiesta ho subìto forti pressioni e minacciato che se non rispondevo quella sarebbe stata l`ultima volta che ci saremmo visti. Accettai quanto mi veniva suggerito dal dottor Donadio, facendomi firmare quanto a lui conveniva». E da lui Donadio avrebbe preteso di sapere notizie non solo su entrambi i personaggi – che Lo Giudice avrebbe ammesso di aver conosciuto solo perché sotto pressione – ma anche delle confidenze che tale Aiello gli avrebbe fatto sugli «attentati Borsellino e di omicidi avvenuti in Sicilia ai danni di due poliziotti in borghese e di altro omicidio consumato ai danni di un bambino sempre in Sicilia».
«Alla fine di questi discorsi – si legge ancora nel memoriale – chiesi io a lui di suggerirmi i nomi di queste persone di cui parlava e così mi disse che si trattava di un certo Aiello e una certa Antonella tutti e due facevano parte a servizi deviati dello Stato e che la donna era stata ad Alghero in una base militare dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi e che era solito recarsi a Catanzaro in una località balneare per trascorrere il periodo estivo. Ancora prima di me era stato convocato Villani Consolato e sicuramente è stato minacciato nelle medesime condizioni». (0090)