Il Pd spinge per una nuova questione meridionale
RENDE Se il berlusconismo è al tramonto, allora il Pd deve fare le prove generali per nuove responsabilità di governo cui potrebbe essere chiamato. E per quel tempo deve soprattutto avere idee chiare…

RENDE Se il berlusconismo è al tramonto, allora il Pd deve fare le prove generali per nuove responsabilità di governo cui potrebbe essere chiamato. E per quel tempo deve soprattutto avere idee chiare e strategie per il meridione. Un primo passo, tanto per tenersi pronti, lo ha promosso Sandro Principe nella sua Rende, chiamando sindacato e impresa, partito e amministratori meridionali, perché la sola opportunità rimasta al sud d’Italia è quella di fare rete. Al tavolo quindi c’erano Vito De Filippo, presidente della regione Basilicata e Sergio Blasi, segretario regionale del Pd pugliese, ma anche Renato Pastore, per Confindustria, Paolo Tramonti per la Cisl e Antonio Aquino per l’Unical. Il partito calabrese era rappresentato oltre che da Principe stesso, anche da Marco Minniti, mentre per quello nazionale era presente Umberto Ranieri, responsabile per il Mezzogiorno nel Pd. Il capogruppo dei Democratici alla Regione è stato abile cerimoniere dell’incontro, e dopo il saluto del sindaco Cavalcanti ha amministrato il dibattito con proprietà di tempi e pure un certo sarcasmo, rivolto verso Aquino, il quale aveva detto che se il Mezzogiorno era scomparso dall’agenda della politica, era anche colpa del centrosinistra, visto che nemmeno i giovani del Pd, da Civati a Renzi, passando per la Serracchiani, hanno avuto di recente una parola per il meridione. Per la verità un sussulto autocritico lo aveva avuto pure Minniti, quando aveva affermato che il partito avrebbe potuto fare di meglio e di più. Più propriamente sindacale invece l’intervento di Tramonti, che ha lanciato il grido d’allarme circa la diminuzione dei fondi ordinari per il meridione. Anche Blasi, democratico che viene dalla Puglia governata da Vendola, non ha taciuto le colpe del partito, che a suo dire si è fatto suggestionare dalla nascita di una inedita questione settentrionale e ha, anche per questo, dimenticato quella più autentica e antica del meridione.
Il segretario regionale del partito pugliese, che cita Cassano e non manca di severità per la sua parte, riconosce la mancata coniugazione delle due emergenze e richiama a una più autentica azione riformista. Pastore, dal suo ruolo di guida degli imprenditori della provincia di Cosenza, ha puntato il dito sulla politica che avrebbe dovuto governare la finanza e limitare le forme di deregulation, mentre per il Sud ha invocato una cultura dell’impresa che qui sembra mancare. Suggestivo l’intervento del presidente della Basilicata, magari un poco indulgente verso gli enunciati in forma di slogan, ma a chi guida “il centrosinistra più forte d’Italia e con il maggior consenso” si può perdonare, di questi tempi. Per De Filippo occorrono un rilancio, attraverso la scuola e l’università, la resistenza alla contemporaneità, fatta di crisi globale drammatica, e soprattutto il rifiuto della rassegnazione.
Alla fine le parole di Ranieri, che confermano la minaccia e cioè che pure per le forze progressiste il meridione diventi una partita persa, un costo eccessivo. Il limite maggiore viene dall’impianto culturale con cui i riformisti hanno affrontato la nascente questione settentrionale, cioè con una impostazione obsoleta e incapace di interpretare i fenomeni nella loro complessità. A questo si aggiunga che spesso “la classe dirigente del Sud non ha brillato per i suoi meriti” ed ecco la necessità di rimettere il Sud al centro del dibattito e dell’analisi politica. Compito sicuramente di un partito nazionale, in grado di contrastare la tentazione della nascita di molte piccole patrie egoiste e separate.