Mercedes Bresso: «Ponte sullo Stretto? Evitare sprechi di risorse»
I venti di crisi che soffiano sull’Ue hanno una volta di più messo all’angolo le amministrazioni locali tra tagli imposti dall’alto e l’indebolimento del proprio peso politico a livello nazionale e a…

I venti di crisi che soffiano sull’Ue hanno una volta di più messo all’angolo le amministrazioni locali tra tagli imposti dall’alto e l’indebolimento del proprio peso politico a livello nazionale e ancor di più a Bruxelles. Lo sa bene Mercedes Bresso, che da due anni circa guida il Comitato delle Regioni, il “parlamentino europeo” in cui siedono i rappresentanti delle istanze territoriali dei 27 Paesi membri e che fa da megafono alle loro richieste e preoccupazioni sull’affollato palco comunitario. Più preoccupazioni per il momento. L’ex governatore del Piemonte, ad esempio, in questi mesi si è spesa a tutto campo contro la proposta della Commissione di imporre più paletti alla spesa dei fondi strutturali. E ribadisce con forza la sua contrarietà al progetto ai microfoni del Corriere della Calabria. Ma, soprattutto, parla della Calabria e del Mezzogiorno, del suo controverso rapporto con l’Europa e i finanziamenti comunitari, del Ponte sullo Stretto e del raffazzonato Piano Eurosud varato nelle ultime ore del governo Berlusconi. Una chiacchierata a tutto tondo, contrassegnata dal tatto diplomatico che si addice ad una carica istituzionale europea, ma senza rinunciare a velate stoccate.
Presidente Bresso, attingendo alla sua duplice esperienza di presidente di una regione italiana e oggi timoniere della massima istanza di rappresentanza regionale in Europa, in che termini analizza la perdurante incapacità da parte della Calabria, e di molte aree del Mezzogiorno in generale, sui fondi strutturali? Quali sono i principali ostacoli che impediscono, secondo lei, alla Calabria di tradurre le opportunità dell’Ue in altrettanti successi?
«Operare investimenti di qualità in tempi ragionevoli è una sfida che riguarda oggi il Paese e il Mezzogiorno in particolare. I problemi investono sia il ritmo della spesa, sia la qualità degli interventi. Con la programmazione 2007-2013 era stato compiuto uno sforzo di pianificazione unitaria utile a rendere gli interventi più efficaci e tempestivi. Purtroppo quel lavoro è stato smontato pezzo per pezzo col dirottamento del Fas e con scelte successive dettate dalla crisi. L`affannato piano Eurosud, tra gli ultimi atti del governo uscente, testimonia con evidenza l`incapacità italiana nell`utilizzo delle risorse disponibili che richiede rispetto dei tempi e degli impegni di spesa da parte di tutti. Certo, la crisi ha rallentato la spesa dei fondi strutturali ovunque, tanto nel 2010 si decise di concedere un anno in più per l`erogazione effettiva delle risorse impegnate nel 2008. Ma da quel momento in Germania, in Spagna, in Polonia regioni e governi centrali hanno unito le forse per accelerare. In Italia invece questa collaborazione è arrivata troppo tardi. In questo quadro debole, la Calabria sconta difficoltà tipiche del Mezzogiorno, che vanno dalla progettazione alla solidità delle procedure di controllo e monitoraggio, alla questione della continuità amministrativa che in tante regioni italiane porta una revisione dei programmi di spesa ogni volta che c`è un cambio di maggioranza politica, con perdite di tempo e di risorse».
Rimanendo in tema, ma spostandoci sull’attualità, quale lettura offre della recente polemica tra il commissario Hahn e il presidente della Calabria Scopelliti sulla minacciata sospensione dei fondi alla Calabria? Ritiene utile ricorrere a sanzioni di questo tipo di fronte a inefficienze e ritardi?
«Dai problemi si esce rafforzando la cooperazione delle Regioni col governo – e ora a Roma c`è un ministro che su questo fronte dispone del massimo livello di competenza – e con la Commissione, che non è certo un nemico in cerca di occasioni per punire i territori ma è un partner fortemente interessato al successo dei programmi, disponibile a fornire affiancamento e know how tutte le volte che è necessario. La strada giusta quindi non sono le sanzioni ma una collaborazione che si rafforza, mettendo al centro i bisogni dei cittadini interessati a progetti di sviluppo realizzati in tempi accettabili e con la massima trasparenza».
Quanto a suo giudizio è concreto il rischio che Regioni cosiddette a obiettivo 1, come la Calabria, possano in futuro subire un drastico ridimensionamento dei fondi strutturali a loro disposizione, per via della montante impazienza di alcuni Stati membri del centro e nord Europa? Ritiene che la generosità della politica di coesione sia a rischio?
«La politica di coesione non è un atto di solidarietà dei più ricchi verso i più poveri ma il complemento di una costruzione europea che ci ha dato una moneta unica, un mercato comune e nuove regole per competere che, in assenza della coesione, rischierebbero di aumentare i divari. L`Italia poi, come contributore netto dell`Unione, dà più di quanto riceve. Ma la scelta di fondo è fare in modo che regioni e città italiane partecipino a strategie di sviluppo condivise a livello europeo, che valorizzano il meglio delle esperienze di 27 Paesi. La coesione, dunque, è uno degli elementi portanti del progetto europeo e le Regioni sono attori decisivi per portare l`Unione Europea fuori dalla crisi. Nella proposta di bilancio presentata dalla Commissione a fine giugno la dotazione per queste politiche resta quasi allo stesso livello della fase precedente. Ci sono innovazioni significative che non dovrebbero comunque tradursi in un calo di risorse per le regioni più in difficoltà come la Calabria. Alcuni Paesi membri chiedono di tagliare il bilancio comunitario e l`Italia si è schierata tra questi. Il confronto durerà per tutto il 2012 e mi auguro che col nuovo governo la posizione italiana cambi. Per farlo però, dobbiamo rilanciare la spesa dei fondi strutturali e presentarci al tavolo negoziale con proposte coraggiose, fondate su risultati positivi. Altrimenti finiremmo per rendere più vulnerabili le politiche di coesione».
Parliamo ancora di fondi strutturali. Lei non ha mancato di esprimere pubblicamente il suo dissenso contro la clausola della condizionalità macro-economica inserita dalla Commissione europea nella nuova proposta per la politica di coesione post 2013. In che modo lei stessa e l’istituzione che presiede vi siete concretamente attivati per avversare questa misura?
«Il Comitato delle Regioni ha assunto una posizione coesa contro il rischio che, in caso di mancato rispetto degli impegni sulla riduzione del deficit, a pagare gli errori dei governi siano le Regioni e i cittadini con il blocco dei fondi strutturali. Su questa base lavoriamo con il Parlamento europeo, che si è espresso nello stesso modo, e dialoghiamo con Commissione e Consiglio per aggregare le energie decise a fermare questa scelta. Diversi Paesi si stanno pronunciando per una revisione e l`Italia ora ha l`autorevolezza per proporre misure alternative che non puniscano i territori. Siamo fiduciosi che alla fine la norma salterà o si garantirà fino all`ultimo agli Stati la possibilità di evitare il congelamento».
Cosa pensa della decisione della Commissione europea di depennare il Ponte sullo Stretto dalla lista delle grandi opere strategiche cofinanziate dall`Ue? Quali sono le ragioni reali di questa scelta?
«La proposta di bilancio 2014-2020 include un nuovo strumento per lo sviluppo infrastrutturale, il Connecting Europe Facility, un fondo che desta qualche perplessità proprio per il rischio di una gestione centralizzata e di decisioni non sufficientemente condivise con enti locali e regioni. Detto questo, è evidente che la Commissione deve indicare priorità di spesa che garantiscano il massimo impatto agli investimenti operati col denaro dei contribuenti europei. I corridoi prioritari sono le dorsali fondamentali che però non impediscono agli Stati di proporre opere che integrano la rete. Nessuno, quindi, depenna o promuove, c`è un confronto aperto che ha l`obiettivo di evitare in ogni modo sprechi di risorse».
Pensa che le Regioni del Mezzogiorno sappiano sufficientemente far valere le proprie ragioni in Europa? Cosa pensa del fat
to che la Calabria è tra le pochissime regioni d’Europa a non disporre di un’ambasciata a Bruxelles dopo che il suo ufficio è stato chiuso più di un anno fa?
«Da anni vedo polemiche di ogni tipo, sulle sedi aperte a Bruxelles con presunti sperperi così come sulla loro assenza. Serve buon senso. La dimensione comunitaria è decisiva per il destino delle nostre regioni e garantire una presenza forte e un monitoraggio costante delle scelte e delle opportunità è fondamentale. Purtroppo, però, aprire una sede non garantisce che questo avvenga. Deve diventare una priorità vera, coltivata con le competenze giuste e con continuità. Provando a fare sistema tutte le volte che è possibile, almeno a livello di macroaree, nel caso della Calabria con le altre regioni del Mezzogiorno».