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«È vero, la politica è sempre meglio che lavorare»

REGGIO CALABRIA Alla fine sembrano essere tutti concordi con il sottotitolo del libro: “La politica? Sempre meglio che lavorare”. A sostenerlo sono stati gli ospiti del “Salotto dell’editore”, trasmi…

Pubblicato il: 31/12/2011 – 9:02
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«È vero, la politica è sempre meglio che lavorare»

REGGIO CALABRIA Alla fine sembrano essere tutti concordi con il sottotitolo del libro: “La politica? Sempre meglio che lavorare”. A sostenerlo sono stati gli ospiti del “Salotto dell’editore”, trasmissione di punta dell’emittente privata Reggio Tv. Per l’ultimo appuntamento di questo 2011, il padrone di casa, Eduardo Lamberti Castronuovo, ha scelto di puntare sul volume “Casta calabra” scritto dal direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni. A discuterne, assieme all’autore e al suo editore Michele Falco, l’avvocato Nico D’Ascola, l’oncologo Pasquale Spinelli, la sindacalista dell’Ugl Giulia Meliti, il capogruppo del Pdl in consiglio regionale, Luigi Fedele, il giornalista Mario Meliadò e Giampaolo Latella, redattore del Corriere della Calabria, che ha collaborato alla stesura del libro assieme ai colleghi Eugenio Furia, Pablo Petrasso e Antonio Ricchio.
Ne è venuta fuori una discussione interessante, con dosi massicce di fair-play, dove il tema della sanità l’ha fatta da padrone. Pollichieni ha insistito molto sulla scelta (quasi unanime) del consiglio regionale di votare una legge che trasforma la Fondazione Campanella in ente pubblico. «È la prova – ha aggiunto il direttore del Corriere – che in Calabria esiste un inciucio dinamico. Destra e sinistra di scambiano favori sulla pelle della gente comune». Fedele si è sentito chiamato in causa ma è rimasto sulla difensiva: «Aspettiamo prima di dire che abbiamo sbagliato con questa legge. Io, tra l’altro, non ho interessi da difendere perché nessuna persona ricollegabile a me, lavora in quella struttura». Sulle contraddizioni della sanità e, in particolare, sulla questione della Campanella si è soffermato anche Meliadò. Il problema, tuttavia, è anche un altro e riguarda la selezione della classe dirigente. Ne è convinto soprattutto D’Ascola quando dice che «c’è un’irrazionalità nell’accesso alla politica. Un tempo erano solo i ricchi a poter fare politica perché quel tipo di impegno portava a rimetterci delle risorse economiche. Oggi esiste chi spera di arricchirsi con la politica». E il livello culturale medio è bassissimo: «Il grado medio di alfabetizzazione dei consiglieri regionali calabresi è adesso di gran lunga più basso di quarant`anni fa, e sedici membri di Palazzo Campanella su 50 non hanno mai lavorato», ha aggiunto Pollichieni.
Sul banco degli imputati ci sono anche sindaci e presidenti di Provincia, che molto spesso hanno una scarsa conoscenza del funzionamento della macchina amministrativa. «Una soluzione – scandisce la Meliti – potrebbe arrivare dalla valorizzazione della meritocrazia». Sì, ma in che modo? Falco prova a indicare una via d’uscita: «Attraverso un’assunzione di responsabilità che deve partire dal giorno dopo in cui un giovane conclude i suoi studi». Su questo è stato aperto un dibattito che ha riguardato, in particolare, il futuro delle giovani generazioni, sempre più sfiduciate dall`assoluta mancanza di meritocrazia in Calabria. «I giovani di valore esistono, i calabresi non diventano dei geni quando vanno lontano da questa terra e tornano a essere degli asini qui. Servono opportunità vere», ha sottolineato Lamberti. Una costante che non si limita all`accesso alle cariche pubbliche, ma riguarda anche tanti altri settori di cui si occupa “Casta calabra”. Nel volume, ha ricordato Latella, «non viene “presa di mira” solo la politica, perché si parla anche di altre corporazioni, tra cui quelle dell`università e della stessa categoria dei giornalisti».

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