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Cesareo: «La Cgil cerca di delegittimarmi»

«La nota della Cgil regionale e delle consociate territoriali della provincia di Cosenza, a riguardo della mia nomina a direttore del centro Spoke Cetraro/Paola, è una palese lesione dei diritti sogg…

Pubblicato il: 15/04/2012 – 17:55
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Cesareo: «La Cgil cerca di delegittimarmi»

«La nota della Cgil regionale e delle consociate territoriali della provincia di Cosenza, a riguardo della mia nomina a direttore del centro Spoke Cetraro/Paola, è una palese lesione dei diritti soggettivi, un atto persecutorio, di sciacallaggio, un tentativo di delegittimazione personale e professionale, in atto da ormai diverso tempo utilizzando le solite, ripetitive, false, assurde, diffamanti, calunniose travisazioni della verità, omettendo volutamente che, per tutto quanto riportano, non sono stato mai neanche iscritto in un registro per indagati». Lo afferma, in una nota, Vincenzo Cesareo, da poco nominato direttore sanitario del presidio ospedaliero di Cetraro-Paola. Nomina che secondo la Cgil va ritirata perché «sulla figura del dirigente, come emerge dalle intercettazioni in possesso della Dda di Reggio Calabria, si appalesano gravi collusioni con ambienti della `ndrangheta di San Luca». Ma Cesareo replica duramente: «Evidentemente la Cgil ha dimenticato la mission sindacale e si dedica ad istruire processi di piazza di tipo staliniano, più consoni alle sue origini. In uno Stato democratico e di diritto, chiunque può scrivere e dire ciò che vuole, purché la sua azione non leda la onorabilità, la libertà e la democrazia, altrimenti, poi, deve sapersene assumere le conseguenze. Nel caso di specie, la sigla sindacale e i mezzi di comunicazione che ne hanno ospitato la delirante nota, si attrezzino a rispondere alle azioni risarcitorie che verranno immediatamente intraprese nelle sedi democratiche dai miei legali. E si sentano tranquilli sul fatto che ho già provveduto, da oltre un mese, a querelare per i reati di falso, diffamazione e altro, quanti hanno concorso a diffamare la mia persona a mezzo stampa sulla “amicizia” con Giuseppe Pelle, ritenuto boss della ‘ndrangheta calabrese e/o sulle mie presunte scalate ai vertici Asp o, peggio ancora, su mie presunte contiguità con la delinquenza. Anzi ho inviato copia della denuncia- querela presentata il 15 marzo scorso al procuratore della Repubblica di Catanzaro, la cui Corte D’Appello ha competenza nei procedimenti contro i magistrati del Tribunale di Reggio Calabria, con allegato opuscolo che ne è parte integrante, anche al procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, al presidente della commissione parlamentare Antimafia e al ministro di Grazia e Giustizia per le parti di loro competenza. L’incarico di direttore del centro Spoke Paola/Cetraro che ho avuto l’onore e l’onere di ricevere dal direttore generale dell’Asp di Cosenza, atto dovuto, mi è stato conferito secondo norma, avendone i requisiti e avendo partecipato all’avviso interno sulla ricollocazione del personale dirigente degli ospedali dismessi. Capisco che essermi dato con passione, con professione e con l’esperienza maturata in tanti anni di direzione ospedaliera, completamente a cercare di offrire ai cittadini risposte qualificate alla domanda di salute, in un contesto reso difficilissimo da carenze strutturali e dalla mancanza di risorse economiche, abbia allarmato chi, evidentemente, ha sempre lavorato “contro” la Calabria, ma cercherò di raggiungere, nello Spoke sopra citato, quei risultati che avevano fatto del presidio ospedaliero di Praia a Mare l’indiscusso più virtuoso ospedale della intera regione Calabria. Questa è la sfida che ho inteso raccogliere e per la quale mi batterò con ogni mia risorsa, soprattutto per creare quelle condizioni necessarie a rappresentare quanto di buono possa realizzarsi in Calabria, al di là di chi vuole esclusivamente mettere in mostra negatività, creare panico, allarme sociale, anche in assenza assoluta di presupposti».
                                                      ***
Accogliamo la replica di Cesareo e prendiamo atto della sua volontà di costituirsi in giudizio contro sindacati, testate giornalistiche e, addirittura, contro la magistratura di Reggio. Residuano solo due questioni. La prima: da parte nostra non c`è nessuna volontà diffamatoria ma soltanto il tentativo di raccontare i fatti emersi dalle intercettazioni e dagli atti in possesso della Direzione distrettuale antimafia. La seconda: è vero che Cesareo non è indagato, ma quelle stesse intercettazioni rappresentano un`ombra che sarebbe necessario scacciare prima di una nomina così importante e prestigiosa, non dopo.

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