C`è ancora bisogno di Resistenza
C’è ancora bisogno di Resistenza. E ha fatto bene l’Anpi di Reggio Calabria a lanciare un appello a tutti i cittadini, i movimenti, le associazioni, i sindacati, i partiti che condividono i valori de…

C’è ancora bisogno di Resistenza.
E ha fatto bene l’Anpi di Reggio Calabria a lanciare un appello a tutti i cittadini, i movimenti, le associazioni, i sindacati, i partiti che condividono i valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione, perché si ritrovino tutti, insieme ai partigiani reggini, nelle iniziative organizzate nelle nostra città per il 25 aprile (alle 9.00 alla villa comunale davanti alla Stele del partigiano e, alle 16.30, presso la sala conferenze della Provincia, per l’incontro sul tema “La Resistenza raccontata dai partigiani reggini”, con Aldo Chiantella, partigiano reggino, autore del libro “Chiamatemi Abele”.
Ha fatto bene l’Anpi perché ha inteso, non solo, ricordare la “Festa della Liberazione”, ma mettere a contatto la generazione dei partigiani reggini con le successive generazioni dei “nuovi partigiani e resistenti”, come Claudio Toscano, vittima della violenza omofoba e del pregiudizio o il Sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, che si identificano con tutti coloro che, donne e uomini, condividendo gli ideali dell’antifascismo e della Resistenza, si riconoscono pienamente nei valori fondanti della nostra Carta Costituzionale.
Ho letto il mio primo libro sulla Resistenza all’età di 10 anni, in estate, grazie alla sensibilità della mia maestra elementare, Rosa Bruno che decise di donarmi, per il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, il libro “I ragazzi della Resistenza” di Ermanno Libenzi. Grande lungimiranza ebbe quella maestra che, alla domanda ricorrente di storici, pedagoghi, educatori, “E’ possibile spiegare la Shoah a dei bambini di quinta elementare?”, evidentemente, aveva risposto di sì, immaginando che i bambini dovessero comprendere quale sia il prodotto finale di una società che discrimina per legge una sua parte, acquisire la nozione dei diritti e di negazione degli stessi, non su base esclusivamente teorica, ma confrontandosi con un evento accaduto anche nel nostro Paese: il genocidio degli ebrei.?Argomento chiave per accostare la conoscenza storica del periodo fascista e nazista all’educazione alla cittadinanza è, infatti, proprio la discriminazione razziale attuata ai danni degli ebrei d’Europa, esempio emblematico di privazione dei diritti fondamentali dell’essere umano che ha preparato la strada all’esclusione e al genocidio.
Ha fatto bene, dunque, l’Anpi perché oggi, più che mai, c’è bisogno di “Resistenza”, in un momento storico in cui si fa scarso uso di questo termine, in cui non si vede una diffusa volontà di riscatto, in cui la violenza criminale o quella omofoba, richiedono un risveglio delle coscienze. E la ricorrenza del 25 aprile, importante perché segna la liberazione dal nazifascismo grazie al contributo del movimento partigiano, al quale parteciparono molti antifascisti meridionali, calabresi e reggini (come Eugenio Musolino condannato, per le sue idee, dal Tribunale Speciale fascista a 18 anni di reclusione), può essere l’occasione anche per risvegliare le coscienze sopite, per educare e formare le nuove coscienze. Per la stessa ragione oggi occorre partecipare, tutti insieme, venerdì 20 aprile alle 21, in via Torrione alle spalle del Teatro Cilea, dove è avvenuta l’aggressione a Claudio Toscano, al sit-in di solidarietà, per dirgli che tanti cittadini sono dalla sua parte.
Tra i dirigenti della sinistra, forse, per troppo tempo, è stata seguita la regola non scritta secondo cui non si doveva parlare di Resistenza, forse per una scelta di stile, forse per la radicalità dei giudizi e delle scelte giovanili del tempo. Io credo che sia sbagliato censurare o dimenticare quelle esperienze, soprattutto in questi tempi indecisi e confusi. Ho condiviso, infatti la scelta di Marcelle Padovani e dell’editore Donzelli di pubblicare il “Diario di guerra (Journal de guerre)” di Bruno Trentin, una vecchia agenda in tela nera dal titolo combattivo, rimasta gelosamente nascosta per 65 anni e poi pubblicata nel 2008, tornando alla luce con tutta la sua forza, un documento che lascia il segno nel dibattito storico e civile sulla nostra guerra di Liberazione.
Nel diciassettenne Bruno Trentin la scelta antifascista è già pienamente consapevole e compiuta, ma il diario gli serve a capire più a fondo cosa fare, a dare una rotta alla propria passione politica. Non a caso, il diario si conclude con una frase che suggella il passaggio definitivo all’azione: “Tempo perduto. E ora all’opra”.
* Fondazione Di Vittorio