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Se il market dimezza l`incasso dopo il sequestro

GIOIA TAURO Prima della confisca, quel market di Rosarno aveva incassato 40mila euro. A una settimana di distanza dall`intervento dello Stato, gli introiti non arrivavano neanche alla metà. È la prov…

Pubblicato il: 15/06/2012 – 17:48
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Se il market dimezza l`incasso dopo il sequestro

GIOIA TAURO Prima della confisca, quel market di Rosarno aveva incassato 40mila euro. A una settimana di distanza dall`intervento dello Stato, gli introiti non arrivavano neanche alla metà. È la prova che l`economia funziona, in alcune aree della Calabria, quando è assistita dal metodo mafioso. Altrimenti fa cilecca, si sgonfia. Anche quando lo Stato interviene per riportare la situazione alla normalità. Capita così che pure una normativa «all`avanguardia» (così l`ha definita il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino) non mette al riparo da criticità e paradossi. Tanto più intollerabili se applicati all`antimafia e alla confisca dei beni. Che dovrebbe indebolire le cosche (e certamente ci riesce), ma in alcuni casi si trova ad affrontare intralci e lentezze.
Primo esempio: a Reggio Calabria, ma anche a Roma e a Parigi, ci sono centinaia di immobili confiscati che da tre anni non danno reddito allo Stato perché ancora non si possono utilizzare. Prestipino non fa un esempio a caso: parla dei beni sottratti a Gioacchino Campolo, il “re dei videopoker” che in casa aveva un museo, sequestrato dalla guardia di finanza. Dalì, De Chirico, Guttuso, Ligabue. Nomi buoni da appendere alle pareti. Nomi che ingrossavano l`elenco dei beni “conquistati” dallo Stato, in totale 330 milioni di euro. Beni che non si fermavano alle opere d`arte: c`erano anche 250 immobili sparsi tra Reggio Calabria, Roma, Milano, Taormina e Parigi, sei automobili di lusso, 126 locali commerciali, 56 terreni e 26 conti correnti bancari e postali in Italia e Francia. Uno schiaffo alla `ndrangheta, ma, oggi, anche un autogol per lo Stato, che non riesce a far fruttare quei tesori. Una situazione che, secondo Prestipino, «vanifica lo stesso provvedimento di sequestro».
E nel dopo-confisca che si verificano i guai maggiori. Quando gli amministratori giudiziari prendono possesso delle società mafiose confiscate non trovano i bilanci e si vedono assaliti da creditori di ogni sorta che prima erano silenti. E chi sono i creditori maggiori, quelli più pressanti? «Le banche». Prestipino ha poi fatto riferimento alla gestione di un supermercato confiscato ai Bellocco di Rosarno. «L`ultimo sabato prima del sequestro – ha detto – quel supermercato ha incassato in un solo giorno ben 40 mila euro, mentre il sabato successivo all`intervento del Tribunale ne ha incassato meno della metà. Ciò dimostra come un`impresa, privata del metodo mafioso, non sta sul mercato». E lo Stato arranca.

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