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"Meta", le aste giudiziarie in mano ai clan

REGGIO CALABRIA Le aste giudiziarie erano cosa loro. Quello messo in atto negli anni dalla cosca Buda-Imerti di Villa San Giovanni era un sistema ben collaudato. E, soprattutto, redditizio. Il meccan…

Pubblicato il: 15/06/2012 – 19:55
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"Meta", le aste giudiziarie in mano ai clan

REGGIO CALABRIA Le aste giudiziarie erano cosa loro. Quello messo in atto negli anni dalla cosca Buda-Imerti di Villa San Giovanni era un sistema ben collaudato. E, soprattutto, redditizio. Il meccanismo era semplice: gli altri aspiranti concorrenti venivano “invitati” a non partecipare alle gare pubbliche, permettendo così ai rappresentanti della consorteria mafiosa di aggiudicarsi le aste con facilità e senza rischi. I ricavi ottenuti dalla vendita degli immobili venivano poi ripartiti tra i membri del “locale” della città dello Stretto. È questa l’ipotesi investigativa che oggi è stata ribadita in aula dal colonnello Valerio Giardina, nel corso della sua deposizione al processo “Meta”, nato dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo. Il dibattimento, che vede alla sbarra il gotha della ‘ndrangheta reggina, è alla fase del controesame. L’ufficiale dell’Arma già da alcune settimane sta rispondendo alle domande dell’avvocato difensore Francesco Calabrese. Giardina ha confermato come uno dei settori principali nei quali operava il clan fosse proprio quello delle aste giudiziarie, sottolineando il ruolo preponderante di soggetti quali Antonino Imerti, Pasquale Buda, Vitaliano Grillo Brancati (già condannato con rito abbreviato a 9 anni e 8 mesi), Domenico Passalacqua e Domenico Barbieri (per lui la condanna è di 10 anni e 4 mesi per associazione a delinquere di stampo mafioso). Speculazioni immobiliari che, secondo l’ex colonnello del Ros, sono da ricondurre a un disegno specifico messo in atto da una «organizzazione criminale» molto attiva nel suo territorio di riferimento. Uno dei personaggi chiave è proprio Domenico Barbieri, ritenuto dagli inquirenti il punto di riferimento imprenditoriale della cosca villese. Inizialmente – come ha ricordato lo stesso Giardina – le attività investigative nei confronti di Barbieri e di Pasquale Buda erano finalizzate alla cattura del boss di Archi Pasquale Condello, detto “Il supremo”. Il personale del Ros sperava di mettere le mani sulla primula rossa reggina monitorando i personaggi di primo piano del clan villese, alleato storico dei Condello ai tempi della faida di Reggio. Il supremo fu poi catturato nel febbraio del 2008, seguendo le mosse dei suoi familiari più stretti. Ma l’attività investigativa sul clan Buda-Imerti ha in ogni caso consentito agli inquirenti di conoscere in maniera più approfondita le dinamiche criminali della potente cosca di ‘ndrangheta, un tempo guidata dal “Nano feroce”, il boss Antonino Imerti.
Dalla ricostruzione fornita dal colonnello Giardina, sono emersi anche alcuni particolari inediti sulle modalità operative del Ros reggino, costretto a seguire indagini molto importanti come «Meta e un’altra nella Jonica con meno di 50 uomini a disposizione».
Al termine dell’udienza, il pm Lombardo ha fatto mettere agli atti la sentenza del 1° giugno scorso sugli altri coimputati del processo “Meta”, giudicati con il rito abbreviato. La conclusione del controesame dell’avvocato Calabrese avverrà nel corso della prossima udienza, in programma per il 22 giugno.

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