MONTEBELLO JONICO Quattro associazioni ambientaliste, Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf, hanno inviato al presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, all`assessore all`Ambiente Francesco Pugliano e ai consiglieri regionali una lettera per chiedere «con forza l`impugnazione del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2012, col quale viene decretata la compatibilità ambientale e il beneplacito al proseguimento dell`iter autorizzativo della centrale a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria». A parere delle associazioni l`impugnazione «é doverosa. La Regione stessa – sostengono – ha dichiarato più volte di non voler ospitare impianti a carbone sul suo territorio. La forzatura del Dpcm si scontrerebbe con sentenze della Corte Costituzionale che hanno stabilito il principio secondo cui la localizzazione degli impianti energetici non possa avvenire in assenza di intesa con la Regione interessata. La Regione dovrebbe difendere la salute dei propri abitanti. Una sterminata letteratura scientifica dimostra in maniera inequivocabile come gli impianti a carbone costituiscono un danno conclamato alla salute delle persone e dell`ambiente. Si ricorda che l`impatto sanitario del carbone, anche prendendo a riferimento gli impianti più moderni, è valutato almeno 5 volte superiore a un equivalente impianto a gas rispetto alle morti premature causate dall`inquinamento, e circa doppio in termini di emissioni di gas climalteranti». Le associazioni ambientaliste, quindi, contestano il decreto firmato dal presidente Monti che, come si ricorderà, aveva avocato a sè la materia, vista la contrapposizione tra il ministero dell`Ambiente e quello della Cultura. «La Regione – proseguono – dovrebbe perseguire il benessere e lo sviluppo economico della propria cittadinanza sul medio-lungo termine. La destinazione del territorio calabrese a centro per la produzione energetica non può che minare alla base ogni seria prospettiva di sviluppo turistico e agricolo della Calabria, le uniche concrete e valide alternative economiche e occupazionali a lungo termine a una miope politica economica che vede il futuro della Calabria nero come il carbone. Senza contare che tra i costi esterni del carbone andrebbero considerati i costi dei cambiamenti climatici che in regioni del mezzogiorno vedono l`intensificarsi dei fenomeni di inaridimento e desertificazione, con ricadute economiche negative sulle stesse colture agricole; il carbone è il combustibile che, bruciato, emette la maggiore quantità di CO2. La Regione dovrebbe tenere in considerazione il parere della popolazione della provincia di Reggio Calabria». Nella parte finale della nota, inoltre, gli ambientalisti danno conto di «un recente sondaggio commissionato dal Wwf che ha parlato chiaro: il 62% degli intervistati non vuole la centrale a carbone di Saline, mentre solo il 26% è favorevole. La centrale non serve all`Italia e tantomeno alla Calabria. Infatti, a livello nazionale viene prodotta più energia di quella di cui il nostro paese ha bisogno e anche la Calabria segue questo trend. A cosa (o meglio, a chi) serve quindi un nuovo impianto?». «Se la Regione – concludono Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf – rinunciasse a far valere diritti costituzionali ribaditi in diverse sentenze della Corte non solo dimostrerebbe una scarsa attenzione alle esigenze e alle problematiche del proprio territorio e non agirebbe in modo coerente con le posizioni assunte in passato, ma svenderebbe al ribasso il futuro di una Regione che di tutto ha bisogno tranne che di rimanere ancorata a prospettive di sviluppo che non hanno niente a che fare col futuro. Prospettive nere come il carbone».
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