Caso Reggio, posizioni divergenti sulla sfiducia a Scopelliti
REGGIO CALABRIA L’appuntamento è fissato per venerdì mattina a Lamezia Terme. Attorno a un tavolo si ritroveranno i responsabili regionali di Pd, Idv, Sel e Psi. Giungere a una posizione unitaria sar…

REGGIO CALABRIA L’appuntamento è fissato per venerdì mattina a Lamezia Terme. Attorno a un tavolo si ritroveranno i responsabili regionali di Pd, Idv, Sel e Psi. Giungere a una posizione unitaria sarebbe un successo per la coalizione, ma le premesse non appaiono esaltanti. All`ordine del giorno c`è il “caso Reggio”, con il consiglio comunale di quella città sciolto «per contiguità» con la ’ndrangheta. L`ipotesi è quella di presentare in consiglio regionale una mozione di sfiducia per il governatore Peppe Scopelliti. Il ragionamento che fanno i responsabili dei quattro partiti è abbastanza semplice: Scopelliti è stato il sindaco di quella città per otto anni (dal 2002 al 2010) e le ragioni che hanno portato allo scioglimento affondano le loro radici proprio nel periodo in cui l’attuale presidente della Regione era primo cittadino di Reggio Calabria. Il governatore, insomma, non potrebbe chiamarsi fuori rispetto a una situazione spinosissima in cui per molto tempo ha recitato un ruolo da protagonista. Eppure, in casa Pd l`opzione di una mozione di sfiducia crea spaccature. Divisioni che sono già emerse giovedì durante quella che doveva essere una normale riunione di gruppo per preparare la riunione del Consiglio. Si è invece trasformata in una sorta di redde rationem. Chi c`era racconta di clima teso e posizioni divergenti. Guccione, Censore e De Gaetano avrebbero posto l`esigenza di proporre la questione subito in Aula senza aspettare altro tempo. Principe e Maiolo, invece, avrebbero chiesto il rispetto degli accordi raggiunti a Lamezia durante l`ultimo summit con il commissario D`Attorre. Ma ad accendere gli animi sarebbe stato l`intervento Mario Franchino che avrebbe espresso più di una perplessità sull`operato dei vertici del partito. Morale della favola: nessuna decisione concreta e l`ennesima conferma che i democrat hanno ancora tanta strada da percorrere in vista di una reale unità interna.
Con queste premesse resta da capire se venerdì il centrosinistra riuscirà a fare quadrato. Per essere posta all’ordine del giorno del Consiglio, la mozione di sfiducia (secondo quanto recita l’articolo 37 dello Statuto) deve essere sottoscritta da almeno un quinto dei componenti (pari a 10 consiglieri) dell’assemblea ed è approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. Fuori dal politichese, e dando per scontato che tutti i venti rappresentanti delle minoranze votino in maniera compatta, ci sarebbe bisogno di altri sei voti da pescare nelle fila del centrodestra. Realisticamente è difficile che ciò avvenga ma «per il momento – è il commento di Andrea Di Martino, segretario regionale di Sel – il nostro obiettivo è quello di compattare la coalizione di centrosinistra e iniziare a lavorare per costruire l’alternativa a un modello di governo che ha completamente fallito».