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Vendola: il Pd calabrese? Un partito indecifrabile

RENDE Le parole di sinistra si coniugano con quelle del profeta Isaia, dentro l’aula magna dell’Unical piena come raramente si è visto. Ma possono essere un’arma affilata se rivolte a un establishmen…

Pubblicato il: 07/11/2012 – 22:47
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Vendola: il Pd calabrese? Un partito indecifrabile

RENDE Le parole di sinistra si coniugano con quelle del profeta Isaia, dentro l’aula magna dell’Unical piena come raramente si è visto. Ma possono essere un’arma affilata se rivolte a un establishment come quello del Pd calabrese, definito «un partito dalla natura incerta. Quello calabrese – ha affermato Nichi Vendola nel suo passaggio cosentino – è talvolta un capitolo dell`esoterismo, è difficile decifrare cosa sia». Vendola, che arriva e siede in prima fila, per ascoltare l’intervento di una studentessa e del preside di Lettere Raffaele Perrelli, poi si conferma il visionario capace di suggestionare il popolo di sinistra orfano della sinistra stessa, spiegando la necessità della riscoperta etica dell’idea di bellezza, dell’urgenza di rifondare un vocabolario, perché nell’era del liberismo che ha causato la crisi, le parole hanno smarrito il loro senso. Sarebbe un errore però considerare il suo intervento solo un guizzo estetico applicato all’oratoria, perché sin da subito il governatore della Puglia e candidato alla primarie del Pd si misura con un progetto programmatico per il governo del Paese. Del resto lui alla guida della sua Regione di cose nuove e importanti ne ha fatte, partendo proprio dall’uso delle risorse finalizzate all’innovazione e alla rivitalizzazione delle radici della cultura e del lavoro.
Erano stati proprio la studentessa e ancor più precisamente Perrelli a invitarlo a dire quanto valore avrebbe dato alla scuola e all’università, come punti di partenza per la ricostruzione dell’intero tessuto sociale e lui non ha mancato di confermare che esattamente da lì, dai luoghi della formazione culturale e sociale, della cittadinanza e dei saperi, si deve ripartire, per sanare i guasti che gli anni del berlusconismo hanno inflitto. Per la verità, per Vendola – ma pure il preside di Lettere lo aveva sottolineato – a quei guasti pure la sinistra ha dato il suo contributo, per soggezione alla cultura del mercato, per inseguire alleanze e malintesi concetti di moderatismo. Invece per il candidato alle primarie, la sinistra deve ritrovare le proprie idee, i propri orizzonti, «che sono quelli della lotta alle disuguaglianze e alle sofferenze sociali”, ma anche il senso autentico da dare a concetti importanti, come la parola ?merito, “che se non è inclusa dentro un contesto chiaro, resta il privilegio di pochi contro la mancanza di opportunità per molti».
Una sinistra che se vuole ritrovare se stessa non deve inventare nulla di nuovo, solo ritrovare il coraggio smarrito. E quindi ecco l’idea di una patrimoniale sulle rendite finanziarie, la cancellazione dell’Imu sulla prima casa, l’alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, il superamento dell’ipocrisia delle flessibilità, «che ha piegato la schiena del lavoro trasformandosi in precarietà”, puntare sulla competitività “che non è il massacro dei diritti, ma innovazione». Ma tutto questo è solo una delle due gambe sulle quali ricostruire il Paese, l’altra è fatta della riconquista dei valori, di una qualità della vita che non è solo materiale, ma fondata sulla riscoperta del senso della solidarietà e dell’appartenenza sociale.
Ai due competitor delle primarie del centrosinistra dedica poche fuggevoli parole. Ironiche quelle rivolte a Bersani, «che è quello più a sinistra», più sferzanti quelle indirizzate a Renzi, perché parlare con i rappresentanti dei mercati non è sbagliato, “a patto di dire loro che è necessario che abbiano meno potere” e ricordando sempre che un «rivoluzionario che piace ai finanzieri, alla destra e ai vescovi, mette molto sospetto». Come dire che questo è il tempo delle scelte di campo, per le quali non si può essere amici di tutti.

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