Una spia nell`affaire Multiservizi
REGGIO CALABRIA È Giovanni Zumbo la tessera del domino che ha fatto cadere il castello di carte dietro cui i Tegano mascheravano la propria presenza nella Multiservizi, la municipalizzata della città…

REGGIO CALABRIA È Giovanni Zumbo la tessera del domino che ha fatto cadere il castello di carte dietro cui i Tegano mascheravano la propria presenza nella Multiservizi, la municipalizzata della città che si occupa di manutenzione ordinaria, che l`inchiesta Astrea ha svelato in mano al clan di Archi almeno per un terzo. A passarsi il testimone a capo di quel 33% di Gst srl (Gestione servizi territoriali) – la società che assieme al Comune di Reggio Calabria deteneva la Multiservizi – nel corso degli anni sono state le società Com.Edil srl, Si.Ca srl e Rec.im srl. Nomi e volti che cambiavano nel corso degli anni, ma che hanno mantenuto la medesima identità economica e gestionale – quella del clan Tegano – e – guarda caso – anche la medesima sede, nell`edificio del rione Archi di proprietà di Rechichi. A tessere a ritroso il filo delle indagini che hanno permesso di ricostruire il labirinto dietro cui la cosca si celava, il colonnello Gerardo Mastrodomenico, all`epoca comandante provinciale della guardia di finanza reggina, intervenuto oggi in qualità di testimone nell’ambito del processo che si svolge con rito ordinario all`aula bunker di Reggio Calabria. E nelle parole dell`ufficiale sono stati proprio gli accertamenti seguiti all`arresto di Zumbo – pizzicato a passare notizie dettagliate sulle indagini in corso all’uomo forte della `ndrangheta della fascia jonica del reggino, il boss Giuseppe Pelle – a mettere gli inquirenti sulle tracce della Sica srl, una delle tante società che formalmente si sono avvicendate nella compagine societaria della Multiservizi, ma che in realtà altro non sarebbe stato che una delle maschere dietro cui i Tegano hanno celato la propria presenza. Ufficialmente commercialista e custode di beni confiscati, con un passato da assistente alle dipendenze dell’ex assessore al Personale e oggi sottosegretario della giunta regionale Alberto Sarra, ex collaboratore dei servizi segreti accreditato presso uffici giudiziari e agenzie di sicurezza, Giovanni Zumbo – stando alle inchieste degli ultimi anni – era anche un professionista a disposizione dei clan. E se al boss Pelle soffiava preziose e riservatissime informazioni, con Giovanni Ficara – ha svelato l`indagine Piccolo Carro – avrebbe organizzato la messinscena del falso arsenale fatto ritrovare il giorno della visita in città del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e per i Tegano avrebbe messo a disposizione non solo le proprie competenze professionali, ma anche i propri familiari. L’ex antenna dei Servizi non avrebbe avuto infatti remore a congegnare insieme al cognato Roberto Emo, un fittizio passaggio delle quote delle società a favore delle rispettive mogli, l’avvocato Maria Francesca Toscano e la commercialista Maria Porzia Zumbo. Un`operazione che oggi il colonnello Mastrodomenico ha ricostruito in dettaglio, ripercorrendo passo passo i punti salienti dell`informativa che da conto di quell`indagine. Snodo centrale, il passaggio di quote dai fratelli Antonio e Maurizio Lavilla – per gli inquirenti i prestanome del tempo troppo in odor di `ndrangheta per essere affidabili – alla moglie e alla sorella dello spione, all`epoca all`opera come regista finanziario dell`operazione. «I fratelli Lavilla – ha spiegato Mastrodomenico – cedono le proprie quote alla sorella e alla moglie di Zumbo, indicando che il quantum pattuito era stato già saldato. Ma dall`analisi dei redditi delle due donne emerge che nessuna delle due era in grado di sostenere questo investimento. Inoltre, dall`analisi delle intercettazioni si deduce che il pagamento delle quote non c`è mai stato e quest`operazione è assolutamente logica e speculare a quanto succede quando le due donne di nuovo cedono le proprie quote alla Recim, dei figli di Giuseppe Rechichi». E proprio Rechichi – svelerà l`indagine che ha avuto già una prima conferma dalle durissime condanne arrivate a carico degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato – è l`uomo fondamentale che permette ai Tegano di entrare nella Multiservizi fin dalla costituzione e di restarci fino al suo scioglimento. L`operazione di facciata che vede intervenire Zumbo e i suoi familiari è solo un passaggio intermedio necessario a dare un nome nuovo e un volto nuovo a una società considerate troppo in odor di clan. La Si.ca, da cui le due donne formalmente acquisiscono le quote, infatti, è “figlia” della Come.dil di Giuseppe Rechichi, già coinvolto negli anni 90 nelle indagini della Dda reggina come presunto prestanome del clan De Stefano. Accusa dalla quale verrà assolto, ma che non gli impedirà di apparire in ogni grande indagine che tocca o lambisce il clan di Archi. Una circostanza – dirà il colonnello Mastrodomenico – emersa in diversi procedimenti e confermata anche dalle dichiarazioni di diversi collaborazioni di giustizia come Nino Fiume, Paolo Iannò , Giovanni Battista Fracapane, Roberto Moio e Antonio Lo Giudice. «Dall`analisi delle loro dichiarazioni sono emersi elementi indiziari “di assoluta pregnanza e rilevanza” sull`appartenenza alla `ndrangheta di Giuseppe Rechichi, legato anche da rapporti di assoluta fiducia di personaggi di spicco come Carmelo Barbaro e Giovanni Tegano, con un ruolo da anima imprenditoriale», ha ricordato il colonnello. E proprio Rechichi è l`onnipresente ombra che si cela dietro il volto delle società che si avvicendano e cambiano nome e volto. E al pari degli altri, quello rappresentato dalla moglie e dalla sorella di Giovanni Zumbo – nominato in quella fase amministratore unico della società a tutela dell`intera operazione –, sarebbe solo una maschera. «Il ruolo delle due donne – ha affermato, lapidario, il colonnello – era quello di subire le decisioni di Giovanni Zumbo e Roberto Emo», i rispettivi mariti a conoscenza dell`intera operazione. Eppure nel periodo di reggenza, entrambe si sono prestate a imponenti operazioni economiche e finanziarie , fra le quali l`accensione di un mutuo per 3,6 milioni di euro presso il Monte dei Paschi di Siena e una serie di investimenti immobiliari, necessari secondo gli investigatori a “salvare” case e magazzini di parenti e congiunti del clan, dunque a rischio sequestro. Tutte acquisizioni e operazioni propedeutiche a una nuova cessione di quote, questa volta a favore dei figli di Giuseppe Rechichi, la prima e più fidata presunta testa di legno dei Tegano, ormai bruciata dalle indagini, ma disponibile a passare il testimone ai propri rampolli poco più che ventenni. E un`ulteriore conferma del carattere fittizio dell`intera operazione è arrivata anche dalle intercettazioni che hanno come protagonista la Toscano, che quando il bubbone sta per scoppiare e da buon avvocato presagisce che potrebbe a breve essere coinvolta nelle indagini, contatta in fretta e furia Rosario Rechichi, fratello di Giuseppe e come lui coinvolto nell`affare Multiservizi. Nonostante formalmente abbia acquisito insieme alla cognata le quote dai fratelli Lavilla, è lui che chiama quando ha bisogno di raccogliere la documentazione necessaria per ricostruire i vari passaggi. Allo stesso modo, con lui concorderebbe una versione di comodo da fornire all`autorità giudiziaria. Per il colonnello Marstrodomenico, quelle ambientali parlano chiaro: «Ad un certo punto è proprio la Toscano a rendersi conto dell`incongruenza del rapporto con i Lavilla e per questo concorda con Rechichi una versione da fornire agli inquirenti. L`interesse della Toscano è cercare di dare coerenza e plausibilità all`intera vicenda». Tutte circostanze sottolineate dai borbottii e dai commenti a mezza bocca di uno degli imputati, Maurizio Lavilla, oggi fuori dal carcere ma presente in aula, che ormai quasi al termine dell`udienza ha inscenato un siparietto scattando in piedi e uscendo dall`aula, sbattendo la porta. Un comportamento duramente redarguito dal Tribunale che dopo poco ha riconvocato tutti per giovedì prossimo, quando il colonnello Mastrodomenico sarà chiamato a completare la sua audizione.