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Palmieri conferma: «Don Cannizzaro chiese conto ai carabinieri»

REGGIO CALABRIA Ad un certo punto don Nuccio Cannizzaro avrebbe smesso di parlare al telefono, o almeno di affrontare alcuni argomenti. Il boss Santo Crucitti aveva ricevuto da poco la prima condanna…

Pubblicato il: 09/11/2012 – 0:42
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Palmieri conferma: «Don Cannizzaro chiese conto ai carabinieri»

REGGIO CALABRIA Ad un certo punto don Nuccio Cannizzaro avrebbe smesso di parlare al telefono, o almeno di affrontare alcuni argomenti. Il boss Santo Crucitti aveva ricevuto da poco la prima condanna e il sacerdote, cerimoniere del vescovo che secondo le risultanze investigative, all`epoca, sarebbe finito nella ragnatela di rapporti della cosca Crucitti – che inquirenti tenevano sott`occhio -, ha iniziato a essere molto, troppo cauto. Tanto da far credere agli investigatori che qualcuno l`avesse messo sull`avviso. Un sospetto divenuto presto una conferma. «Don Nuccio Cannizzaro sapeva di essere intercettato. Al punto che si rivolse ad un carabiniere della stazione di Condera per chiedere la ragione per la quale era ascoltato dai carabinieri». Ad affermarlo, con la sicurezza di chi quell`indagine l`ha condotta, è stato l’ex comandate del nucleo operativo dell’Arma, Valerio Palmieri, testimone nell`ambito del procedimento scaturito dalle inchieste “Raccordo” e “Sistema” della Dda reggina che hanno messo sotto scacco il clan di Eremo-Condera.
Incalzato dalle domande dei pm Sara Ombra e Stefano Musolino, della Dda di Reggio Calabria, Palmieri ha raccontato dell`improvvisa reticenza del sacerdote, che gli investigatori sospettavano vicino al boss Crucitti, a favore del quale Don Nuccio non avrebbe avuto remore a fornire una falsa testimonianza agli inquirenti. Un comportamento confermato da una conversazione intercettata proprio nell`auto del parroco, che al boss di Condera, Santo Crucitti avrebbe detto «vai a leggerti le carte e vedrai come ho testimoniato a favore tuo». Tutte circostanze che al sacerdote sono valse un rinvio a giudizio per falsa testimonianza.
Ma quello del cerimoniere del vescovo non è l`unico nome noto risuonato nelle aule di giustizia di Reggio Calabria. Palmieri ha anche ripercorso le conversazioni tra l’ex assessore comunale Pasquale Morisani – che non è mai stato indagato – e il boss, cui l’uomo della giunta Arena chiese aiuto in occasione della campagna elettorale per le comunali 2007. Conversazioni che testimoniano i rapporti “amicali” tra i due e che all`epoca dell`operazione sono costati all`allora assessore un intero capitolo dell`ordinanza di custodia cautelare – «I tentativi di infiltrazione della cosca Crucitti nell’attività politica» – ma non un`iscrizione nel registro degli indagati. «Inequivocabili – scrivevano i giudici nell`occ – sono le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in uso a Crucitti Santo a ridosso delle predette consultazioni, laddove emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini – quali, tra gli altri, Quattrone Sergio, Scaramozzino Francesco e Silva Massimo – a favore del succitato consigliere». Rapporti che per gli inquirenti non hanno fatto emergere «fattispecie penalmente rilevanti a carico del Morisani», ma che il gip Domenico Santoro sottolineerà con parole chiare: «Evidente appare, alla luce di quanto sintetizzato nella richiesta del P.M., un ulteriore profilo dell’attività rientrante nel programma delinquenziale tipico della consorteria mafiosa, ovvero l’infiltrazione nella vita politica cittadina, mediante l’individuazione di un candidato di riferimento, cui garantire appoggio, evidentemente nell’ottica di poter ottenere, in futuro, agevolazioni».
Un bis per Morisani, i cui rapporti con la cosca Crucitti erano emersi già nell`indagine Pietrastorta. Ma questo – hanno svelato le inchieste Sistema e Raccordo – non era che uno dei tanti terminali delle attività del clan. Gli uomini della cosca sarebbero riusciti ad infiltrarsi nel settore della grande distribuzione alimentare, dell’intermediazione del credito e dell’edilizia, grazie ad imprenditori compiacenti e all`attività complice di un direttore di banca, Francesco Gullì, a capo della filiale di Reggio Calabria della Banca popolare di Lodi che, stando alle accuse, avrebbe «favorito gli interessi economici della cosca Crucitti». Insieme a lui sono a processo con rito ordinario il boss di Condera, Santo Crucitti, il parroco don Cannizzaro, Antonio Gennaro Crucitti, Fortunata Loredana Barchetta, Michele Crudo, Nicola Pellicanò, Carmine Polimeni e Domenico Polimeni.

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