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CASO RENDE | Nella coop c`è posto per il boss

La Rende servizi srl avrebbe rappresentato «lo strumento per ottenere consensi elettorali mediante il fattivo ruolo di esponenti di primo piano della locale criminalità organizzata, a loro volta cont…

Pubblicato il: 15/11/2012 – 16:35
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CASO RENDE | Nella coop c`è posto per il boss

La Rende servizi srl avrebbe rappresentato «lo strumento per ottenere consensi elettorali mediante il fattivo ruolo di esponenti di primo piano della locale criminalità organizzata, a loro volta contraccambiati da posti di lavoro retribuiti e distribuiti secondo la più classica delle politiche clientelari». È questa l`ipotesi attorno a cui ruota l`inchiesta culminata con l`arresto di Bernaudo e Ruffolo. A sostegno della tesi accusatoria nell`ordinanza firmata dal gip Livio Sabatini è stato riportato l`elenco dei dipendenti della società partecipata collegati direttamente o indirettamente con la criminalità organizzata locale. A partire dal ricercato “numero uno” Ettore Lanzino, ritenuto dalla Dda il capo dei capi della malavita cosentina. È ufficialmente “uccel di bosco” dal settembre del 2008 quando il gip di Catanzaro, Tiziana Macrì, ordinò il suo arresto per gli omicidi del cosentino Vittorio Marchio e del “mammasantissima” di San Lucido, Marcello Calvano. Anche Lanzino era tra i dipendenti della cooperativa Rende 2000. Dopo la trasformazione in srl la famiglia Lanzino compare ancora nell`organigramma societario. La figliastra del boss, infatti, nel 2009 ha percepito dalla Rende Servizi srl «un`indennità pari a mille euro per “supporto alle attività amministrative fino al 30 ottobre 2009”, quale lavoratrice occasionale». Anche l`altro capobastone della zona, Gianfranco Ruà, era riuscito a piazzare un suo parente nel libro paga della partecipata del Comune di Rende: il marito della sorella aveva ottenuto un incarico nel 2009 da 1500 euro. Posti di lavoro che in alcuni casi passavano anche in “eredità”. Come accaduto nel settembre del 2008 quando dopo l`arresto di Giuseppe Brillo, accusato e poi condannato a 22 anni per l`omicidio di Carlo Mazzei, venne assunto il figlio. Ma nella lista c`è anche la moglie di un ex collaboratore di giustizia, diversi dipendenti risultano essere stati indagati per associazione mafiosa. Sono 18 in totale i nomi su cui si è concentrata l`attenzione dell`Antimafia. Il gip di Catanzaro comunque sottolinea come per statuto la cooperativa fosse nata proprio «assumere soggetti da reinserire a livello sociale».

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