Processo “Piccolo carro”, falle nella perizia di parte
«Ho sbagliato tutto, avrei risparmiato tempo e soldi, bastava acquisire i video di Piazza Garibaldi». È con tutto il rammarico di chi – da imputato – ha assistito alla demolizione del consulente che…

«Ho sbagliato tutto, avrei risparmiato tempo e soldi, bastava acquisire i video di Piazza Garibaldi». È con tutto il rammarico di chi – da imputato – ha assistito alla demolizione del consulente che con le sue perizie avrebbe dovuto scagionarlo, che Demetrio Praticò, alla sbarra nel processo “Piccolo Carro”, insieme all`ex- antenna dei servizi pizzicata in compagnia di piccoli e grandi boss, Giovanni Zumbo, si è rivolto alla presidente Olga Tarzia e all`aula al termine dell`udienza che ha visto sfilare quelli che avrebbero dovuto essere i suoi testi a discarico. Ma che poco o nulla sembrano aver convinto il Tribunale e il pm Giovanni Musarò, che ha smontato tutte le affermazioni che il consulente Daniele Schinardi ha messo nero su bianco nella sua relazione e ripetuto oggi in aula.
Sollecitato dalle domande dell`avvocato Fiorino, nel tentativo di affermare la propria tesi, Schinardi ha sostenuto che «esistono pagine e pagine di discrepanze» fra i tabulati allegati alle relazioni del Ros di Roma e di Reggio e le conclusioni del suo lavoro. Contatti inesistenti, telefonate più lunghe o più corte, sms che diventano chiamate, celle diverse da quelle che secondo il Ros l`utenza di Praticò avrebbe agganciato: sono molti gli esempi che Schinardi fa per attaccare la relazione elaborata dagli esperti dell`Arma. Ma soprattutto lascia poco margine a interpretazione il giudizio che il consulente si lascia scappare nel dare conto del proprio lavoro: i dati forniti dagli investigatori sarebbero artefatti. Dati che danno conto di contatti telefonici – e relative celle agganciate – dunque fondamentali per ricostruire il percorso che Praticò avrebbe fatto il 21 gennaio del 2010 – il giorno in cui una Fiat Marea carica di armi ed esplosivi inutilizzabili viene rinvenuta sulla strada che avrebbe dovuto percorrere il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Per il Ros, insieme al meccanico Francesco Nocera – già condannato in un procedimento separato per aver fornito l`auto che sarebbe stata trasformata in un falso arsenale, ritrovato grazie alla soffiata della “talpa” Zumbo – Praticò si sarebbe trovato nella zona coperta dalla cella di Pellaro e non nell`area di Piazza Garibaldi, come da lui sempre sostenuto. Risultanze investigative che Schinardi avrebbe tentato di smontare attraverso un procedimento empirico di sua elaborazione, fatto di «esame dei dati e rilevazione delle frequenze sul terreno» che lo hanno portato a puntare il dito contro il Ros. Sotto il fuoco di fila delle domande del pm, Schinardi ha, però, dovuto ammettere che il suo metodo «non ha alcuna scientificità» e che lui stesso non ha le competenze né tecniche, né investigative, per poter desumere un potenziale percorso dall`esame – non sempre corretto – di un tabulato.
Una testimonianza, quella del consulente di parte, di fatto polverizzata dal lungo controesame del pm, che ha anche chiesto la messa agli atti della relazione del maresciallo Francesco Nucera, incaricato di analizzare la perizia di Schinardi, sulla quale – se le difese e il Tribunale acconsentiranno – il militare sarà anche chiamato a riferire in aula il prossimo 20 dicembre.
Dichiarazioni che si preannunciano come la pietra tombale sul tentativo delle difese di Praticò di scagionare il proprio assistito. Non meglio era andata con gli altri due testi – l`operaio marocchino Tarik Mazouk e il fratello del meccanico Nucera, Florindo – chiamati oggi a deporre. Qualche perplessità hanno destato le dichiarazioni di Mazouk, per sua stessa ammissione «molto riconoscente con Praticò che per me ha fatto veramente tanto». Lo stesso pm ha sottolineato come il teste sia dotato di «prodigiosa elefantiaca memoria» per gli eventi del 21 gennaio 2010, ma non altrettanto preciso su altri giorni e altre occasioni. Dubbi anche sull`attendibilità di Florindo Nucera che ha ammesso di essere amico dell`imputato «da oltre quarant`anni, abitiamo vicini, siamo cresciuti insieme e abbiamo anche rapporti di lavoro».
Si complica dunque la posizione di Demetrio Domenico Praticò, l`imprenditore che i pm ritengono vicino al clan Ficara arrestato nel settembre 2010, con accuse pesantissime. Secondo gli inquirenti, avrebbe infatti partecipato attivamente alla costruzione della messa in scena che avrebbe portato al ritrovamento di una Fiat Marea, carica di armi ed esplosivo, nel giorno della visita del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Reggio. Uno stratagemma, secondo i magistrati, necessario a Giovanni Ficara per mettere nei guai il cugino Pino – diretto concorrente all`interno del clan – ma che sarebbe servito anche alla “talpa” Giovanni Zumbo per accreditarsi quale fonte affidabile presso Procura e magistrati e rinsaldare i rapporti con gli investigatori con i quali l`ex gola profonda dei servizi era in rapporti.