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A Milano vince l`omertà

Milano provincia della Calabria. L`audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia del procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, dell`aggiunto Ilda Boccassini e del so…

Pubblicato il: 14/12/2012 – 20:40
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A Milano vince l`omertà

Milano provincia della Calabria. L`audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia del procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, dell`aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Alessandra Dolci restituisce l`immagine di un Nord Italia pesantemente infiltrato dalle organizzazioni criminali, soprattutto calabresi. Un fenomeno sempre più difficile da combattere «perché si tratta di persone insospettabili, che sono intorno a noi, inserite nel tessuto sociale, lavorano, producono e danno denaro».
Il punto di partenza dei tre magistrati della Dda milanese è naturalmente la maxi indagine “Crimine”. Per il pool lombardo non vi può essere dubbio che la `ndrangheta ha una struttura unitaria. «L`organizzazione – ha sostenuto il pm Dolci – ha strutture di coordinamento con connotazione territoriale, come la Lombardia o i tre mandamenti della Calabria. Questa struttura di coordinamento, che si chiama “provincia”, ha sostanzialmente il compito di essere la «struttura depositaria» della regola; è quindi una sorta di Corte costituzionale, che interpreta la regola, risolve i conflitti, interviene nelle promozioni ai vertici e autorizza l`apertura di nuovi locali». Ilda Boccassini si concentra sulla figura di Domenico Oppedisano, ritenuto dall`Antimafia milanese il vertice della “cupola” ndranghetista. «Fa sorridere me e alcuni colleghi che si dica che è difficile pensare che Oppedisano, un vecchio di 84 anni, possa reggere e comandare. È accaduto invece che – nel momento in cui, come in qualsiasi fenomeno della globalizzazione, i giovani si potevano avvicinare ad una cultura diversa – è prevalsa la tradizione, con i suoi principi, a cui bisogna tenere fede perché, in fondo, rimane la loro forza. Per questo motivo, Oppedisano – che rappresenta quella cultura – è stato nominato capo nel momento in cui vi erano da garantire degli equilibri che si stavano disgregando. Ritenere quindi che un uomo di 84 anni, un vecchietto, possa non rappresentare la drammaticità di questa organizzazione significa o non avere capito nulla di `ndrangheta o fare il lavoro di chi non vuole vedere quello che è realmente questo fenomeno perché fa molta più paura».
Così come nella lontana Calabria anche a Milano a vincere sembra essere la paura. «Vi è da dire che la collaborazione delle vittime è pressoché inesistente, nel senso che ci troviamo nella paradossale situazione che due soggetti, oggi collaboratori, dicono di avere ricevuto cospicue somme di denaro da determinati imprenditori e che costoro continuino pervicacemente a negare di avere mai pagato mazzette». Una situazione di omertà che la Procura milanese non intende più tollerare, gli imprenditori che non denunciano rischiano di finire incriminati: «La linea della Dda di Milano è che quando vi siano gli elementi e i presupposti si proceda sicuramente con la richiesta di arresto per favoreggiamento aggravato». In due anni, aggiunge il procuratore aggiunto Boccassini, «non c`è una persona, che sia vittima di intimidazione, che ammetta di aver ricevuto minacce».
L`Antimafia lombarda sembra adesso concentrarsi sulla cosiddetta “zona grigia”. I magistrati stanno puntando su uno strumento di aggressione innovativo. «Quando non riteniamo di avere forza sufficiente per procedere per concorso esterno in associazione mafiosa oppure per il concorso pieno, chiediamo e otteniamo misure personali nei confronti di notai, commercialisti, direttori di banca, professionisti. In questi casi abbiamo visto che, quando si viene radiati, sospesi o comunque si è sottoposti al soggiorno obbligato o si è privati della patente, il segnale è forte». La `ndrangheta in Lombardia sembra riuscire a trovare referenti in qualsiasi settore. «È -spiega il procuratore Bruti Liberati – una struttura di potere in rapporto con il mondo istituzionale e con la società civile».
C`è poi la grossa partita dell`Expo 2015. Il rischio, avverte la Boccassini, arriva dal sistema dei subappalti. «È incontrollabile. Anche se Milano si sta attrezzando sarà impossibile monitorare tutti i cantieri e verificare effettivamente chi ci lavora o meno. Poi, possiamo anche riempirci la bocca, ma sarà difficile e dobbiamo avere il coraggio di dirlo».

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