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Condannato anche in appello l`ex consigliere Crea

REGGIO CALABRIA È arrivata anche in appello la condanna per l`ex consigliere regionale Mimmo Crea, condannato in primo grado a undici anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e…

Pubblicato il: 15/12/2012 – 13:42
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Condannato anche in appello l`ex consigliere Crea

REGGIO CALABRIA È arrivata anche in appello la condanna per l`ex consigliere regionale Mimmo Crea, condannato in primo grado a undici anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e sei fattispecie di falso, abuso d`ufficio e truffa. La pena scende a sette anni e sei mesi di reclusione perché alcuni dei reati sono nel frattempo caduti in prescrizione e per altri il giudice di secondo grado ha optato per l`assoluzione, ma il capo d`accusa più pesante – il concorso esterno in associazione mafiosa – regge.
Per il politico, subentrato al consiglio regionale dopo la morte del collega di partito Francesco Fortugno, il pm di Reggio Calabria, Fulvio Rizzo, aveva chiesto la condanna a otto anni e un mese di reclusione a fronte degli undici comminati in prima istanza. Non sono state accolte le richieste del pg, per il figlio di Crea, Antonio per il quale erano stati chiesti sei anni e tre mesi. Il giudice ha confermato la sentenza di primo grado, che a suo carico non aveva riconosciuto il concorso esterno in associazione mafiosa, condannandolo a tre anni e tre mesi.
Si ribalta la sentenza per Paolo Attinà, assolto in primo grado dall`accusa di essere l`interfaccia fra Crea e i clan Morabito-Zavettieri di Africo e Roghudi, Cordì di Locri e Talia di Bova Marina, ma per questo condannato in appello a sei anni di reclusione.
Non reggono invece le richieste di conferma della condanna a nove mesi per l`ex direttore dell`Azienda sanitaria di Reggio Calabria, poi divenuto collaboratore del politico, Roberto Iacopino e per la moglie di Crea, Angela Familiari, entrambi condannati in primo grado con pena sospesa a nove mesi di carcere e assolti in secondo grado.
Anche in appello si conferma dunque l`impianto accusatorio dell`inchiesta che ha svelato i rapporti fra  l`ex consigliere regionale e “un’associazione di tipo mafioso, sodalizio articolato nel basso versante jonico tra la potente cosca Morabito-Zavettieri di Africo e Roghudi, con le cosche Cordì di Locri e Talia di Bova Marina”. Il processo era scaturito da un`inchiesta riguardante gli intrecci tra politica e `ndrangheta nella gestione del settore della sanità nel reggino che per Crea, secondo i magistrati, si era convertito in una fonte di guadagni da capogiro, grazie anche agli accordi stretti con le cosche Morabito-Zavettieri di Africo e Roghudi, Cordì di Locri e Talia di Bova Marina. Al centro del sistema, la clinica Villa Anya che per i pm «oltre a costituire un proficuo bacino di affluenza di introiti elevatissimi, rappresenta lo strumento indispensabile, nell’ottica del politico Crea, per l’elargizione (e la restituzione) di favori e per la raccolta di consensi elettorali». Ma per i magistrati dell`accusa Crea era soprattutto «diretto referente dei clan mafiosi, al centro di un ramificato sistema di gestione affaristica».

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