La sfida di Doris: «La Calabria riparta dalle donne»
LAMEZIA TERME La Calabria «dell`ipocrisia» e della corruzione ha un nuovo nemico: le donne. Dopo settimane di assenza forzata (a causa di un brutto infortunio al braccio sinistro), Doris Lo Moro ripa…

LAMEZIA TERME La Calabria «dell`ipocrisia» e della corruzione ha un nuovo nemico: le donne. Dopo settimane di assenza forzata (a causa di un brutto infortunio al braccio sinistro), Doris Lo Moro riparte da Lamezia, introducendo un elemento fin troppo trascurato in questa campagna elettorale. Quello femminile, appunto. L`unico – secondo la deputata Pd – in grado di rappresentare «l`altra Calabria», cioè il rovescio luminoso di una medaglia che di rado riesce a fare capolino nella rappresentazione quotidiana fornita dai media nazionali. La Lo Moro, candidata al secondo posto nella lista democrat per il Senato, conosce le difficoltà in cui si imbatte chiunque cerchi di mostrare il lato positivo di una regione in cui «sono stati arrestati consiglieri regionali, magistrati, e dove sono stati indagati perfino i preti». Ma non c`è solo l`aspetto giudiziario a complicare le cose. C`è anche la faccia apparentemente pulita delle «bandierine antimafia», i difensori della legalità con tanto di partita iva. L`ex sindaco di Lamezia fornisce una disamina impietosa del fenomeno, alimentato da «dichiarazioni usurate» e falsità diffusa: «Avete mai visto un politico che non si dichiari strenuo difensore della legalità e oppositore del malaffare?». Per la Lo Moro è arrivato il momento di scacciare i farisei dal tempio, perché «chi vuole fare la vera antimafia deve praticare la legalità ogni giorno». In questo complesso rapporto tra verità e finzione, un ruolo centrale spetta alle donne. La deputata uscente cita l`esempio delle “sindache” di Calabria – Elisabetta Tripodi (Rosarno), Maria Carmela Lanzetta (Monasterace) e Carolina Girasole (Isola Capo Rizzuto) –, «che non si differenziano soltanto per il loro impegno antimafia, ma anche per la buona amministrazione». L`analisi non si limita solo alle donne che ricoprono incarichi pubblici. Una menzione particolare spetta anche alle testimoni di giustizia, come Lea Garofalo o Maria Concetta Cacciola, che hanno pagato con la vita la scelta di “tradire” il «vincolo familistico e il retaggio culturale» su cui la `ndrangheta basa il suo potere. La parlamentare va anche oltre, fino a ricordare la tragedia legata al nome di Orsola Fallara (la dirigente del settore Bilancio morta suicida dopo aver ingerito una dose letale di acido muriatico), che «malgrado non possa essere annoverata tra gli esempi di buona amministrazione, con la fragilità che l`ha portata alla morte ha dimostrato che le donne, rispetto alla corruzione, non hanno il pelo sullo stomaco come gli uomini».
L`altra Calabria è femmina. Uno slogan che la Lo Moro intende diffondere per tutta la durata della campagna elettorale: «Sono una delle tante donne che vogliono il cambiamento di questa regione». Ma la “trasfigurazione” positiva della Calabria può avvenire solo a partire da una premessa costitutiva: l`anelito alla verità. «Bersani – ha detto la parlamentare – sta conducendo un`ottima campagna elettorale, che si basa sul bisogno di dire sempre e comunque la verità». Un bisogno molto femminile, che va contro la classica retorica pubblica tanto in voga a queste latitudini. Si riparte dalle donne, contro l`ipocrisia e il cerchiobbottismo morale di certa politica.