CATANZARO «Una sentenza ingiusta e abnorme». L’avvocato Nunzio Raimondi rompe il silenzio che aveva mantenuto per l’intera durata del processo per smontare tassello per tassello la sentenza con cui la Corte di assise della Capitale ha mandato assolti Luciana Cristallo e Fabrizio Rubini, i due imputati per l’omicidio dell’architetto catanzarese Domenico Bruno, avvenuto a Roma nel febbraio del 2004. Per i giudici romani la Cristallo, ex moglie della vittima, avrebbe agito per legittima difesa. Contro queste conclusioni che «non poggiano su alcuna prova» l’avvocato Raimondi ha presentato appello così come fatto anche dalla Procura della Repubblica. Le motivazioni dell`appello contro la decisione dei giudici di primo grado sono state illustrate stamane a Catanzaro dall’avvocato che, iniziando l’incontro con i giornalisti, ha voluto ricordare la figura di «Santa Marinaro, la madre coraggio che si è battuta fino all’ultimo per ottenere giustizia». Entrando nel merito, l’avvocato di parte civile ha ricostruito quanto emerso durante il processo. «La Cristallo – ha aggiunto – ha raccontato che il marito tentò di strangolarla. Ma non ci sono prove di questa aggressione. Non c`è un solo referto che dimostri questa sua versione e poi lei è l`unica che lo racconta. Nel delitto, invece, ci sono 12 coltellate che furono inferte contro Bruno (sei al cranio, quattro al torace, una al cuore e una al dorso) e da una perizia emerge che la ferita al dorso è stata inferta con un coltello diverso rispetto a quello usato per le altre. C`è, dunque, la reiterazione dei colpi in zone vitali contro la vittima. A fronte di tutto questo la Corte d`assise sostiene che, poiché c`è il dubbio della legittima difesa, allora bisogna assolvere. Questo ragionamento è incredibile. Questi sono errori macroscopici di diritto». Anche sulla ricerca del movente il legale censura l’operato della Corte: «Ha evitato completamente di seguire la pista patrimoniale. Dalle indagini emerge, invece, chiaramente che dopo il delitto, avvenuto nella notte tra il 27 ed il 28 ottobre del 2004, e dopo il ritrovamento del cadavere, avvenuto un mese dopo, ci furono una serie di spostamenti della titolarità della società Nuova pisana di Bruno e la signora Cristallo ne divenne la legale rappresentante. C`è poi anche una telefonata della Cristallo con l`economo del Vaticano, monsignore Sgrenci, per parlare di un appalto. Ebbene tutti questi elementi non sono stati proprio tenuti in considerazione». Sottovalutati anche i comportamenti dei due presunti omicidi subito dopo il delitto. L’ex moglie, quando i carabinieri gli riferirono del ritrovamento del cadavere, scoppiò in lacrime e fornì agli investigatori una pista rivelatasi del tutto falsa: un omicidio di matrice mafiosa. «La linea difensiva dei maltrattamenti è emersa solo successivamente, un anno dopo per l’esatezza, quando grazie ad alcune intercettazioni i carabinieri fermarono e poi arrestarono la Cristallo e Rubini». «I maltrattamenti accertati a cui ha fatto riferimento Luciana Cristallo risalgono a diversi anni prima del delitto e portarono alla separazione dei due, ma va ricordato che la sera dell’omicidio fu la donna ad invitare il marito nell`abitazione in cui avvenne l`omicidio». Strano anche il comportamento di Rubini che ha raccontato di essere giunto sul luogo del delitto quando Domenico Bruno era già morto. A quel punto, anziché chiamare le forze dell`ordine, aiutò la donna a pulire l`appartamento e a far sparire il corpo. Subito dopo salì in macchina arrivò a Fiumicino e fece una telefonata da una cabina sul telefono dell’architetto che sapeva già morto». «Domenico Bruno era un giovane di particolare virtù umane – ha concluso Raimondi – ed ancora oggi non è stata fatta giustizia per la sua morte. L’intera città di Catanzaro dovrebbe avere un moto di reazione rispetto a una sentenza profondamente ingiusta».
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