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Cappella abusiva, il sindaco ha dovuto chiamare una ditta non di Rosarno

ROSARNO C`è un affidamento diretto operato personalmente dal sindaco, e non una gara d`appalto, alla base dell`atto amministrativo con cui domenica pomeriggio nel cimitero di Rosarno è stata eseguita…

Pubblicato il: 04/03/2013 – 11:35
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Cappella abusiva, il sindaco ha dovuto chiamare una ditta non di Rosarno

ROSARNO C`è un affidamento diretto operato personalmente dal sindaco, e non una gara d`appalto, alla base dell`atto amministrativo con cui domenica pomeriggio nel cimitero di Rosarno è stata eseguita la demolizione della cappella abusiva scoperta nel 2009, finita al centro di un caso giudiziario e sospettata di essere stata costruita da qualcuno della famiglia Bellocco. A un anno esatto dal fallito tentativo di appaltare l`opera, nessuna ditta infatti partecipò al bando pubblicato dal Comune. Un`impresa edile non rosarnese – lavorando di domenica e con il camposanto cinturato dalla polizia – ha portato a termine l`incarico assegnato dal primo cittadino Elisabetta Tripodi. Nessun clamore all`esito di una vicenda che nei 4 anni in cui è rimasta in piedi ha portato al rinvio a giudizio di tre persone e a un lungo braccio di ferro tra il Comune e la prefettura sulle modalità attraverso le quali eseguire la demolizione.
L`ente, come ha raccontato il Corriere della Calabria nel numero 13, aveva scoperto il manufatto, abusivo e non completato, quando alla guida del Comune c`era una commissione straordinaria, guidata dal prefetto Domenico Bagnato, a seguito dello scioglimento per mafia del consiglio comunale. La terna approvò la prevista ordinanza di demolizione dell`edificio che sorgeva nei pressi dell`ingresso del cimitero cittadino, ma dal 2009 fino a ieri a questa volontà formalizzata dall`amministrazione non era stato dato seguito.
Nelle settimane immediatamente successive all`emanazione della prima ordinanza il Comune aveva dato incarico agli operai dell`ente di demolire il manufatto, ma questi iniziarono i lavori – alla presenza delle forze dell`ordine, che assicuravano la messa in sicurezza del cantiere rispetto a possibili ritorsioni mafiose – senza portarli a termine, dichiarando l`impossibilità di farlo a causa degli scarsi mezzi messi a loro disposizione. Un caso che si è trascinato fino alla gestione amministrativa successiva, appunto guidata dal sindaco Tripodi, che prima faceva approvare dalla giunta un atto di indirizzo che dava impulso agli uffici per eseguire contemporaneamente, e con la stessa gara, la demolizione della cappella e la casa abusiva, sorta in area archeologica, della famiglia del boss Rocco Pesce.
Da qui la gara d`appalto, andata deserta nel febbraio 2012, e l`inizio di un lungo carteggio tra l`ente e la prefettura che rispose in maniera negativa alla richiesta del Comune di far intervenire i mezzi e gli uomini del Genio militare per far eseguire i lavori, specificando che il manufatto da abbattere si trovava in un`area di proprietà comunale, appunto il cimitero, e per tale ragione l`amministrazione doveva arrangiarsi da sola.
Un rimpallo durato molto tempo, quindi, in una vicenda che, oltre a registrare evidenti lentezze burocratiche e il disimpegno dell`imprenditoria locale che non ha partecipato al bando per la demolizione dei due edifici in odore di mafia, ha subìto una certa “accelerazione” solo a seguito di un secondo sequestro deciso dalla Procura guidata da Giuseppe Creazzo, che ha aperto un`inchiesta terminata col rinvio a giudizio di due custodi del cimitero e di un muratore che, smentendo di aver lavorato alla costruzione dell`immobile su commissione dei Bellocco, risponde del reato di abuso edilizio.

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