Gli esiti delle ultime elezioni politiche, la vittoria indiscutibile del Momimento 5 Stelle (ricordiamo solo il 32 % di Cosenza!), la “non vittoria” del centrosinistra, in Italia e, in particolare, nel Mezzogiorno, le migliaia di voti persi in tutte le città e le province calabresi, ci inducono a riflettere senza alibi sul senso e sul ruolo dei partiti a livello locale e nazionale, e soprattutto sul futuro di Sel, partito del quale il nostro circolo fa parte e nel quale ancora vorrebbe continuare ad agire. E’ il tempo dell’autocritica e dell’autoriforma, e non dei finti entusiasmi per una vittoria che, seppure c’è stata, porta tutto il peso di una sconfitta.
La forma che i partiti hanno assunto nella seconda Repubblica, compresi i più giovani come il nostro, è lontana dall’idea di democrazia reale, di confronto, di apertura, che si leva sempre più forte da parte dei cittadini. Grillo fa sue istanze, che sono, prima che dei partiti timidamente di sinistra, dei movimenti sociali e di lotta che hanno attraversato il nostro Paese negli anni: dal reddito di cittadinanza all’acqua pubblica, dalla riduzione dei costi della politica alla democrazia diretta e partecipata. Abbiamo assistito, a livello nazionale e a livello locale, ad una campagna elettorale tutta misurata sull’agenda Monti e sull’austerità, senza parole chiare e proposte radicali rispetto ad una crisi economica che lascia indietro fette sempre più grosse di popolazione e che non ammette più risposte moderate.
Prima di accusare di “populismo” chi ha vinto, sarebbe necessario farsi un esame di coscienza: l’operazione di restyling che il centrosinistra ha compiuto con le primarie e le parlamentarie, evidentemente non ha convinto fino in fondo i cittadini, e sicuramente non è apparsa “rivoluzionaria” quanto i nostri dirigenti avrebbero voluto. Anzi, le cosiddette “parlamentarie” si sono palesate agli occhi del nostro elettorato potenziale e di molti altri cittadini e cittadine come una vera e propria farsa, come una grande e ipocrita mascherata di apparati che si autolegittimano attraverso una finta partecipazione democratica. I risultati elettorali hanno dato la prova di questa finzione: non si spiega altrimenti la discrasia fra i risultati, il numero di votanti e di preferenze delle parlamentarie e quello che si è poi rivelato il reale risultato elettorale. Abbiamo perso i nostri elettori nel giro di poche settimane o i partecipanti alle parlamentarie erano solo un’illusione ottica?
La verità è che il nostro partito ha perduto ogni contatto non solo con l’elettorato in generale, ma con i propri attivisti. Di fatto, è stato difficile, imbarazzante (molto imbarazzante!) e inutile (con il senno di poi) convincere gli elettori a votare SEL. La risposta sconfortante era sempre la stessa: sembrate o siete uguali agli altri.
Ora che la campagna elettorale è finita, e prima che si apra la prossima molto imminente, il partito ha davanti due strade: chiudersi completamente, rinserrando le fila dei suoi dirigenti per rimanere saldamente attaccato ai suoi pacchetti di voti sicuri (?), oppure aprirsi davvero alla partecipazione e al rinnovamento, azzerando tutto e ripartendo da capo, rimettendosi in discussione e costruendo passo dopo passo, in maniera davvero orizzontale, a partire dai territori un progetto politico che abbracci finalmente le esperienze collettive e individuali più avanzate della politica italiana e calabrese. Forse è già troppo tardi, ma un tentativo deve essere fatto. Il tempo degli indugi è finito per noi di SudAlterno, come per tanti altri simpatizzanti (o ex) di Sel: per questo, in attesa che il gruppo dirigente nazionale dia un seguito concreto all’autocritica che Nichi Vendola ha avviato all’indomani del voto, auspichiamo che il cambiamento riparta dai territori e chiediamo da subito che gli organi dirigenti provinciali cosentini e regionali siano i primi a rimettersi in discussione, lasciando spazio alle ultime, esigue possibilità di cambiamento politico e generazionale.
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