«Nel Pd primarie irregolari La sconfitta era annunciata»
COSENZA Ora che i fuochi della campagna elettorale si sono spenti «è possibile parlare». Perché non lo ha fatto prima, onorevole Cesare Marini? «Vi erano motivi di opportunità. Avessi fatto una polem…

COSENZA Ora che i fuochi della campagna elettorale si sono spenti «è possibile parlare».
Perché non lo ha fatto prima, onorevole Cesare Marini?
«Vi erano motivi di opportunità. Avessi fatto una polemica nell`immediatezza del momento elettorale, qualsiasi cosa si sarebbe prestata a strumentalizzazioni».
Eppure la sua rinuncia a correre alle primarie per la scelta dei candidati al Parlamento non è passata inosservata…
«Le primarie sono uno strumento utile quando si tratta di scegliere candidati di organi monocratici. Diversa è la situazione quando si tratta di scegliere diversi candidati. Negli Stati Uniti sono state usate per porre un freno ai partiti e lì va bene perché c`è un sistema presidenziale. È molto più complicato usarle in un sistema parlamentare come il nostro dove i corpi intermedi tra Stato e cittadini sono, appunto, i partiti».
Bene la teoria, ma vuole spiegare perché ha rinunciato a mettersi in competizione?
«Qualsiasi forma elettorale funziona se garantita dallo Stato nel suo svolgimento. Non esiste che una procedura sia garantita dal partito perché quest`ultimo non ha gli strumenti per garantire una procedura. O si prevedeva un sistema di autocontrollo dei candidati in tutti i momenti in cui si è esercitato il voto oppure ci si è prestati a forme di arbitrio. In sostanza le primarie per scegliere i parlamentari del Pd non sono state neutre perché non si è compiuta la volontà dell`elettore. Ecco perché parlo di primarie non regolari: non c`erano presidenti di seggio o scrutatori nominati dal ministero e tutto è stato regolato da funzionari di partito».
Lei ha prove concrete di irregolarità compiute?
«Nomi non ne faccio. Se qualcuno dovesse negare ciò che dico, allora non avrò esitazioni a mettere tutto nero su bianco».
Davvero vuol far credere che non si è messo in gioco solo perché temeva un non corretto funzionamento delle primarie?
«Mi sono tirato indietro perché mi sono reso conto che c`era un sentimento di rifiuto della politica e dei politici».
Avendo avuto percezione del boom di Grillo, dunque, è “scappato”?
«No, un attimo. Io non sono scappato, ma mi sono messo da parte. La critica dei cittadini riguardava in blocco la politica. Non ho mai assistito a un attacco che riguardava coloro che hanno preso le decisioni nel corso di questi anni. Le bordate riguardavano tutti, senza distinzioni».
Eppure lei era tra le dieci personalità a cui, nonostante il limite superato dei tre mandati, era stata concessa una deroga per la candidatura…
«La deroga è stata concessa a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta. Tra l`altro si doveva esprimere un giudizio sul mio operato e non credo di aver demeritato nel corso di questi anni».
È rimasto sorpreso per il risultato elettorale ottenuto dal Pd in Calabria?
«Non mi ha sorpreso per nulla il risultato del Pd in Calabria perché avevamo liste deboli e infarcite di gente arrivata da fuori regione. Poi è stata sbagliata la campagna elettorale perché si è voluto puntare tutto sulla sanità dimenticando temi importanti come il lavoro, la lotta alla `ndrangheta e il dissesto idrogeologico».
Secondo lei c`è un deficit di opposizione al centrodestra di Peppe Scopelliti?
«Non ho seguito bene le dinamiche del consiglio regionale perché ero a Roma a lavorare in Parlamento. Ma vorrei dire che il problema non è l`opposizione ma una vera politica di cambiamento. Le faccio un esempio: pagano prefetti in pensione per tenere in vita i commissariamenti di interi settori e senza ottenere grossi risultati. È chiaro che le responsabilità non vanno ricercate solo in questa maggioranza ma bisogna andare più indietro».
Da dove riparte adesso il Pd?
«Bisogna celebrare i congressi, dando voce a coloro che sono i veri titolari dal partito ovvero gli iscritti e i militanti».