REGGIO CALABRIA Ci sono volute “solo” tre udienze del procedimento per incandidabilità che vede imputato l’ex sindaco Arena, insieme a pezzi da novanta del Pdl reggino e un ex consigliere Pd, per sanare le questioni tecniche – la mancanza delle pagine 4 e 5 nell’atto introduttivo del procedimento – che hanno rischiato almeno in parte di far naufragare un processo che – almeno sulla carta – sembrava essere tutto in discesa per la pubblica accusa. A quasi due mesi dalla convocazione della prima udienza, è stata infine sanata anche la posizione dell’ex consigliere comunale Bruno Bagnato, il cui legale aveva chiesto e ottenuto un rinvio al giudice Rodolfo Palermo, perché solo a ridosso della convocazione in aula – dunque in tempo non utile per preparare un’adeguata difesa – aveva ricevuto i dovuti avvisi.
Ma sanate le questioni tecniche, l’attività istruttoria stenta ancora ad entrare nel vivo. Bisognerà attendere infatti l’ennesimo mese di rinvio – chiesto e ottenuto dalle difese, per esaminare gli atti di cui l’avvocatura dello Stato e quella Distrettuale hanno chiesto l’acquisizione, nonché elaborare eventuali memorie difensive – perché il processo possa entrare nel vivo.
Sul piatto del procedimento che dovrà decidere l’incandidabilità di uomini di peso del centrodestra reggino come l’ex sindaco Demi Arena, l’ex assessore, dimissionario ancora prima della fine ingloriosa della consiliatura, Luigi Tuccio, i suoi colleghi rimasti in assessorato fino a sopravvenuto scioglimento, Pasquale Morisani (Lavori pubblici), Walter Curatola (Patrimonio edilizio), Peppe Marturano (Protezione civile), l’ex presidente del consiglio comunale Sebastiano Vecchio ma anche i consiglieri Giuseppe Eraclini, Nicola Paris e Bruno Bagnato, nonché – mosca bianca di centrosinistra – il giovane consigliere pd Nicola Irto, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto che pesino anche l’interdittiva antimafia recapitata alla Multiservizi, il ricorso fatto dall’azienda al Tar e il provvedimento con cui i giudici amministrativi l’hanno sonoramente rigettato.
Inoltre, per l’Avvocatura distrettuale, agli atti del procedimento devono essere acquisite anche tutte le ultime ordinanze di custodia cautelare – e non sono poche – che hanno visto coinvolti o lambiti esponenti politici reggini, come quelle emesse nell’ambito delle inchieste Archi-Astrea, San Giorgio-Alta Tensione 2 e Assenzio-Sistema.
Tutti elementi indispensabili – a detta dell’Avvocatura – perché il giudice possa valutare l’applicabilità di quella norma del Tuel che stabilisce che «fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l`ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo».
Richieste che hanno trovato la ferma opposizione delle difese che hanno chiesto e ottenuto un mese di tempo per elaborare le proprie eccezioni difensive, tanto nel merito – hanno annunciato – come nel metodo, mettendo in discussione la stessa ammissibilità di nuova produzione documentale. Questioni su cui il giudice Rodolfo Palermo sarà chiamato a pronunciarsi il prossimo 19 aprile, dando seguito a quel procedimento – avviato dallo stesso Viminale – che dovrà stabilire in che misura i politici di cui la relazione prefettizia si è largamente occupata, sono responsabili, con le loro condotte, dello scioglimento per contiguità mafiose del Comune di Reggio, dunque incandidabili.
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