Un imprenditore, dal cognome ingombrante ma dalla fedina penale assolutamente pulita, ha trascinato Beppe Grillo in Tribunale e la Procura di Mantova ha disposto l`iscrizione del leader del “Movimente 5 stelle” al registro degli indagati per diffamazione aggravata.
La vicenda trae origine da un comizio che il comico, in pieno “tsunami tour”, ha tenuto in quel di Mantova il 12 febbraio scorso. Dal palco, Grillo così tuonò: «La mafia e la ’ndrangheta non fanno più le palazzine; voi qui, però, avete Muto».
Il riferimento era esplicito e chiamava in causa Antonio Muto, originario di Cutro ma residente a Curtatone, praticamente alle porte di Mantova. Ottenuti i filmati del comizio di Grillo, Muto presentò querela sostenendo che qualcuno aveva dato mandato a Grillo di colpirlo approfittando delle sue origini calabresi e del fatto che quel cognome apparteneva anche a una nota e temuta cosca mafiosa.
In effetti Antonio Muto, con i Muto di Cetraro non ha nulla a che spartire, anche perché lui è originario di Cutro ma vive a Mantova da quando aveva 14 anni. Così ha incaricato i suoi legali di presentare un`autodenuncia, perché la Procura accertasse che né lui né alcun suo familiare avevano precedenti penali o collegamenti parentali con i Muto di Cetraro. Contestualmente presentava anche una querela contro Beppe Grillo.
Giacché si trovava, nella denuncia, Antonio Muto ha avanzato anche sospetti sul Comune di Mantova: «Io non ho cause aperte con nessuno a parte con il Comune di Mantova per la vicenda della lottizzazione Lagocastello dove ci sono trent’anni del mio lavoro e che mi è costata un sacco di soldi. Non l’avessi mai fatta quella lottizzazione».
E nella sua querela osserva: «Io non so cosa siano la ’ndrangheta e la mafia. Sono originario di Cutro, ma sono andato via da casa a 14 anni. Non ho parenti mafiosi. Purtroppo porto un cognome, Muto, molto comune da noi, ma non c’entro nulla con il malaffare. È come se tutti i calabresi fossero uguali, tutti disonesti. Penso solo a fare il mio lavoro e vorrei essere lasciato in pace».
Secondo la Procura di Mantova non ha tutti i torti. (0030)
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