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Minaccia Tizian, il Riesame non lo riconosce mafioso

BOLOGNA Il Riesame di Bologna ha detto “no” al riconoscimento chiesto dalla Procura della natura mafiosa all`associazione a delinquere per 24 persone arrestate nell`inchiesta “Black Monkey”. Tra loro…

Pubblicato il: 12/04/2013 – 19:44
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Minaccia Tizian, il Riesame non lo riconosce mafioso

BOLOGNA Il Riesame di Bologna ha detto “no” al riconoscimento chiesto dalla Procura della natura mafiosa all`associazione a delinquere per 24 persone arrestate nell`inchiesta “Black Monkey”. Tra loro anche Nicola Femia, 52 anni, ritenuto dagli inquirenti bolognesi invece un boss della `ndrangheta. Con il faccendiere piemontese Guido Torello, Femia è uno dei due interlocutori intercettati dalla Gdf, in una telefonata dove si parlava di “sparare in bocca” al giornalista della Gazzetta di Modena, Giovanni Tizian, poi per questo messo sotto scorta. Il cronista aveva scritto un articolo in cui associava Femia alla criminalità organizzata. La richiesta della Dda (pm Francesco Caleca e Marco Mescolini) era stata discussa il 3 aprile davanti al Riesame. Allora il collegio (Arceri, Raimondi, Migliori) si era riservato. Lo scorso 23 gennaio il gip Bruno Perla aveva emesso 29 ordinanze di custodia cautelare che andavano a smantellare un`organizzazione che, secondo la Dda bolognese, faceva profitti con il gioco illegale on-line e con le slot manomesse. Erano 150 gli indagati e al vertice, per gli inquirenti, c`era proprio Femia, residente da anni nel Ravennate. Il giudice allora non aveva però confermato l`associazione a delinquere di tipo mafioso, derubricandola in associazione a delinquere semplice. Per questo la Procura aveva fatto ricorso. Tra le posizioni oggetto della discussione oltre a quella di Femia (detenuto a Piacenza), quella dei figli Nicola Rocco e Guendalina (rispettivamente ora in carcere e ai domiciliari, difesi dall`avvocato Matteo Murgo) e quella di Torello.
In sostanza, il Riesame, come già il gip, ha riconosciuto per alcuni reati l`aggravante (ex art.7203/91) secondo cui gli indagati hanno usato metodi mafiosi, ma al contrario di quanto chiesto dalla Procura non ha riconosciuto la sussistenza di una autonoma struttura mafiosa.

LE REAZIONI «Dopo un`attenta lettura delle motivazioni – ha detto il procuratore aggiunto Valter Giovannini, delegato ai rapporti con la stampa – valuteremo se ricorrere in Cassazione». «L`intervenuta decisione – ha detto l`avvocato Murgo – è di fondamentale importanza per il prosieguo del procedimento, perché determina un inevitabile ridimensionamento dell`intera vicenda, che, a questo punto, attende esclusivamente di essere vagliata nel contraddittorio processuale con l`esame dei rispettivi consulenti, periti e testimoni al fine di valutare la regolarità dell`attività di gioco on-line e le intestazioni, per lo più a familiari, delle società create per losvolgimento di tali attività sottoposte al controllo dei monopoli di Stato». «Siamo soddisfatti – il commento dell`avvocato Fausto Bruzzese che tutela uno degli indagati – il tribunale della Libertà ha preso atto di quanto già affermato dal gip e ribadito da parte nostra in sede di discussione». (0090)

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