UCCISA DAL FIDANZATO | L`analisi della psicoterapeuta Parsi
Un «carnefice», ma «non per caso». Così la psicoterapeuta e presidente della Fondazione “Movimento Bambino”, Maria Rita Parsi, definisce il diciassettenne che a Corigliano Calabro ha ucciso la fidanz…

Un «carnefice», ma «non per caso». Così la psicoterapeuta e presidente della Fondazione “Movimento Bambino”, Maria Rita Parsi, definisce il diciassettenne che a Corigliano Calabro ha ucciso la fidanzatina di 16 anni accoltellandola e quindi bruciandola mentre era ancora viva. «Sicuramente – analizza l`esperta – ci troviamo dinanzi ad un adolescente con un profilo psicologico criminale, con aspetti psicopatologici, che si è alla fine rivelato un “carnefice”». Ma i “carnefici”, precisa, «non nascono per caso, bensì rappresentano il prodotto di una serie di elementi concorrenti: innanzitutto l`influenza dell`ambiente in cui il soggetto vive e che certamente, in questi casi, sarà molto probabilmente un ambiente problematico. Inoltre, è molto verosimile che forti traumi passati abbiano concorso a determinare la personalità malata del giovane».
Infatti, sottolinea Parsi, «questo tipo di profilo si evidenzia di solito in soggetti che a loro volta sono stati vittime di violenze, subite o alle quali si è assistito». Ma ci sono anche altri aspetti da considerare e che, afferma, «penso abbiano avuto un peso»: «In questa orribile vicenda – spiega Parsi – credo che un ruolo determinante l`abbia sicuramente avuto “l`effetto scia”, ovvero l`effetto imitativo rispetto agli efferati fatti di cronaca che da settimane ci parlano di violenze contro le donne, dalle uccisioni, agli accoltellamenti, agli agguati. Un effetto imitativo che, in una personalità evidentemente quanto meno disturbata, ha avuto una “presa” maggiore».
C`è poi pure da considerare un quadro di riferimento più generale: «L`impoverimento di una società in crisi – sottolinea la psicoterapeuta – determina anche una perdita di valori ed un abbassamento del livello generale di civiltà. Così, per affermarsi si ricorre con sempre maggiore facilità a codici che passano per la violenza, ad una sorta di “riti tribali” che diventano in qualche modo sostituti dei valori morali».
Codici “tribali” che spesso risultano più efferati proprio se i soggetti cui ci si rivolge sono le donne: «In questo caso – evidenzia Parsi – sembra che tra i due ragazzi ci fossero dei problemi legati alla gelosia. La ragazzina, in particolare, sembrava avere una posizione paritaria rispetto al fidanzatino, con un certo grado di autonomia. Un`emancipazione probabilmente non totalmente tollerata dal giovane, che non ha saputo ricorrere ad altri linguaggi se non a quello della violenza, anche appunto per un effetto imitativo, per affermare la propria “supremazia” sulla figura femminile».
Un profilo criminale, quello del ragazzo, «aggravato – prosegue Parsi – anche dalla premeditazione, essendosi recato all`incontro con la sedicenne già avendo con sè, sembra, un coltello». Ulteriore elemento a conferma di aspetti patologici nella personalità del diciassettenne, infine, «l`anaffettività dimostrata negli interrogatori, in cui non ha pianto né dimostrato segni di particolare emozione». Ma il disagio, sociale e psicologico, del giovane “carnefice” di Corigliano Calabro, conclude l`esperta, «non è di certo cominciato ieri e deve far riflettere tutti il fatto che tale malessere, probabilmente, attanagliava il ragazzo da anni. Nessuno però, né le istituzioni né la scuola né la famiglia, è stato in grado di intercettarlo». (0030)