OPERAZIONE “BRECCIA” | L`inferno dell`usura, picchiato davanti ai propri figli
Minacciato e aggredito in pubblico, schiaffeggiato in casa davanti ai propri figli. Era questo l`inferno in cui è stato costretto a vivere il piccolo imprenditore calabrese che ha trovato il coraggio…

Minacciato e aggredito in pubblico, schiaffeggiato in casa davanti ai propri figli. Era questo l`inferno in cui è stato costretto a vivere il piccolo imprenditore calabrese che ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aguzzini. Il primo passo verso la liberazione avviene quasi per caso. Agli agenti della Squadra Mobile racconta che pochi giorni prima stava guardando la televisione insieme alla moglie e ha trovato un programma in cui l`associazione “Libera” «incitava alla ribellione rispetto ai soprusi subiti». Quel messaggio fa scattare la voglia di riscatto dell`imprenditore calabrese.
Il 15 maggio, accompagnato dai legali dell`associazione antiracket, si presenta in Questura. Agli investigatori che raccolgono la sua denuncia descrive minuziosamente l`inesorabile discesa agli inferi. Gli ultimi mesi sono i più tragici. L`imprenditore è allo stremo, costretto a versare 750 euro al mese alla famiglia Tropea. «Per la grande paura che queste persone mi incutono», racconta la vittima, per far fronte alle mensilità di febbraio, marzo e aprile raccoglie tutti gli oggetti di valore che ha casa e li porta a un “Compro oro” situato nel centro di Catanzaro. Il sacrificio, però, non basta. I suoi carnefici vogliono di più. E per convincerlo a pagare non vanno per il sottile. Una sera, intorno alle 22, alla sua porta di casa bussano Giuseppe e Renzo Tropea. Pretendono di essere pagati subito, la presenza della moglie e dei giovani figli dell`imprenditore non li blocca: prima le urla poi gli schiaffi. «I miei figli – fa mettere a verbale la vittima – sono rimasti molto turbati dell`accaduto sentendo dalle stanze dove si trovavano le grida e le minacce di morte».
Davanti al drammatico racconto la Mobile, guidata da Rodolfo Ruperti, avvia da subito le indagini. Il 20 maggio, appena cinque giorni dopo la denuncia, gli investigatori depositano l`informativa alla Procura. Il lavoro del pm della Dda, Vincenzo Capomolla, è rapido e preciso. Il 23 maggio fa partire la richiesta di misura cautelare. Altrettanto veloce è l`intervento del gip Assunta Maiore che accoglie le richieste della Procura dando il via all`operazione “Breccia”. Una risposta della macchina giudiziaria praticamente immediata che ha evitato ben più seri rischi all`imprenditore.
Il gruppo che aveva messo sotto strozzo la vittima era tutt`altro che sprovveduto. Nonostante Giuseppe Tropea fosse ai domiciliari (arrestato sempre per usura) riusciva a comunicare e impartire indicazioni ai familiari attraverso Skype, un mezzo che rende più complessa l`opera di intercettazione. Ma non solo. In tutta la vicenda si staglia l`ombra minacciosa della `ndrangheta. Quando la vittima si rifiuta di pagare le viene fatto il nome dei Trapasso di Cutro. «Famiglia – scrive il gip nell`ordinanza – nella percezione comune e in quella della vittima, capace di imporre con la forza dell`intimidazione la propria volontà».
Ma un altro episodio è indicativo del pericolo corso dall`imprenditore. Il pomeriggio del 17 maggio (due giorni dopo la denuncia) la vittima viene contattata telefonicamente da Giuseppe Tropea. Il tono è perentorio: vuole i soldi subito altrimenti questa sera tornerà a casa dell`imprenditore. A questo punto l`intervento della Mobile appare decisivo. Quella stessa sera gli agenti conducono la famiglia minacciata in una località protetta. Quella notte alle 23 una telefonata conferma che i carnefici erano tornati sotto casa dell`uomo. Non sapevano ancora, però, che la vittima aveva finalmente rotto quel muro di silenzio e paura che lo imprigionava.