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OPERAZIONE STOP | I clan della Sibaritide puntano sull`agricoltura

ROSSANO Alcune linee guida valgono per tutti. Anche per i clan mafiosi. Puntare sull`agricoltura, ad esempio, è diventato un must. Nella Piana di Sibari – che vive sul filo dell`emergenza migranti –…

Pubblicato il: 20/06/2013 – 12:42
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OPERAZIONE STOP | I clan della Sibaritide puntano sull`agricoltura

ROSSANO Alcune linee guida valgono per tutti. Anche per i clan mafiosi. Puntare sull`agricoltura, ad esempio, è diventato un must. Nella Piana di Sibari – che vive sul filo dell`emergenza migranti – il clan guidato da Nicola Acri aveva messo nel mirino un business ben sperimentato a quelle latitudini: le truffe all`Inps. Lo racconta Carmine Alfano, uno dei pentiti che hanno offerto la propria collaborazione ai magistrati antimafia. Alfano ha riferito che «le `ndrine di Corigliano e di Rossano consumavano truffe ai danni dell`Inps mediante la gestione di cooperative agricole». Raggiri nati in famiglia, che avevano – secondo il collaboratore di giustizia – come protagonisti Gennaro Acri, fratello di Nicola, e la moglie del boss, Arianna Calarota. Nei verbali dell`operazione Stop c`è il racconto del tentativo di una di queste truffe, poi fallita per un banale errore. Inizia tutto con la costituzione di una cooperativa agricola «che sarebbe valsa ad acquisire tutta una serie di documenti che, una volta falsificati, sarebbero serviti a consumare truffe mediante una nuova cooperativa agricola appositamente creata e non riconducibile alla famiglia Acri». Un piccolo sistema di scatole cinesi, mutuato dalle truffe alla 488.
Queste le parole del pentito: «Uno degli affari più redditizi gestiti dalla delinquenza organizzata coriglianese e rossanese e quindi, rispettivamente, da Maurizio Barilari e da Nicola Acri è quello delle truffe in danno degli istituti previdenziali cioè il settore delle cosiddette truffe all’Inps. Nel 2001 abbiamo costituito la cooperativa agricola “San Francesco”, avente sede a Corigliano in un appartamento che avevo preso in affitto. Questa cooperativa vedeva me come presidente e come soci Gennaro Acri e l’attuale moglie di Nicola Acri, all’epoca fidanzata, che si chiama Arianna Calarota». I nomi dei soci dicono tutto: «Il formale coinvolgimento mio e dei familiari di Nicola si spiega con il fatto che questa cooperativa doveva rimanere pulita, al fine di mistificare l’operato di una cooperativa che costituimmo contestualmente intestandola a un prestanome che aveva trovato Nicola Acri. Questa seconda cooperativa aveva sede a Rossano in un luogo che non conosco. Naturalmente i proventi delle due cooperative venivano spartiti, in parti uguali, tra Barilari in rappresentanza di Corigliano e Acri in rappresentanza di Rossano. La “San Francesco” avrebbe dovuto lavorare in maniera assolutamente ineccepibile, avrebbe dovuto concludere contratti che assicuravano l’utilizzo, a fini agricoli, di fondi seminativi, questi contratti e le relative mappe catastali allegate sarebbero valse ad ottenere i cosiddetti foglietti d’assunzione dall’Inps in modo tale da costituire i rapporti di lavoro sulla base dei libretti raccolti fra i lavoratori di Rossano e Corigliano. L’anno successivo sarebbe, per così dire, entrata in azione la seconda cooperativa dedita alle truffe che si chiama “Di Francesco”. Il mio compito è stato quello di contraffare sia i contratti che assicuravano la disponibilità dei terreni, sia le mappe catastali allegate ai contratti stessi». Un modus operandi già sperimentato nella Piana di Sibari: «In questo modo arrivavo ad aumentare la superficie dei terreni che avevamo a disposizione, fino a 15 volte, in modo tale da aumentare, in modo proporzionale, i foglietti per l’assunzione da parte dell’Inps. Pertanto, i contratti per così dire genuini e le mappe catastali altrettanto genuine, acquisite dalla “San Francesco” il primo anno, venivano stravolti ed utilizzati dalla “Di Francesco”». A quel punto sarebbe stato sufficienti trovare i falsi braccianti, attraverso un parente della moglie del boss: «Naturalmente, i libretti raccolti da Barilari e Nicola Acri erano tutti di falsi braccianti, che provenivano anche da Cassano e Castrovillari. La nostra cooperativa, peraltro, assicurava un’attività lavorativa alle aziende agricole che veniva svolta da lavoratori extracomunitari assunti in nero ed in violazione della legge che disciplina l’immigrazione clandestina».
Un piano perfetto e riscontrato dai carabinieri, che hanno seguito le tracce delle coop fin dalla sua nascita, nel 2000. Per seguire le pratiche, Acri&co avevano scelto lo studio intestato a un consulente «pregiudicato per i reati di falso ed associazione a delinquere finalizzata alla truffa per l’erogazione di finanziamenti pubblici». Un vero esperto, insomma. È proprio un errore di questo consulente, però, a far saltare l`affare. Secondo Alfano, infatti, «le posizioni dei finti braccianti agricoli venivano imputate alla cooperativa intestata a Gennaro Acri ed alla cognata e non a quella intestata a prestanome appositamente creata». Per questa ragione – cioè per non essere collegati alla truffa – i due si dimettono. E fanno retrodatare la cessazione delle cariche, come risulta da una visura a disposizione degli inquirenti: «La retrodatazione della cessazione delle cariche sociali fa desumere come, una volta scoperto l’errore commesso dallo studio, i familiari di Nicola Acri abbiano cercato di correre ai ripari formalizzando, in data precedente, la dimissione delle cariche». Una truffa sfumata. Ma le parole d`ordine restano e sono inquietanti: puntare sull`agricoltura. (0020)

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