Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 21:21
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 7 minuti
Cambia colore:
 

Madalina, un criminologo indaga sullo strano "suicidio"

REGGIO CALABRIA «Da almeno tre mesi le indagini sono ferme. Ci sono due accertamenti importanti che siamo ancora in attesa di fare. È anche per questo che la mia cliente ha deciso di avvalersi della…

Pubblicato il: 23/06/2013 – 12:56
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Madalina, un criminologo indaga sullo strano "suicidio"

REGGIO CALABRIA «Da almeno tre mesi le indagini sono ferme. Ci sono due accertamenti importanti che siamo ancora in attesa di fare. È anche per questo che la mia cliente ha deciso di avvalersi della consulenza di un esperto come il criminologo Ezio Denti. Sarà incaricato di svolgere degli approfondimenti investigativi paralleli a quelli che sta portando avanti la Procura, perché noi vogliamo arrivare in fondo a quanto successo quella notte». Sono passati nove mesi da quella calda serata del 21 settembre in cui il corpo di Madalina Pavlov è stato trovato riverso sul selciato di via Bruno Buozzi, nel cuore borghese di Reggio città. Apparentemente – ricorda l’avvocato Domenico Scarlata, legale della sorella della ragazza, Elena, e del fratello, Gigi – la ventunenne di origine rumena si sarebbe lanciata da uno dei pretenziosi palazzi di una via con cui formalmente non avrebbe avuto nulla a che fare, dove non abita nessuno che fosse di sua conoscenza e con cui non aveva alcuna relazione.
Erano circa le venti e trenta di un venerdì di un’estate finita sulla carta ma ancora torrida. Allertati da due ragazzi appena usciti dalla palestra adiacente al palazzo, i carabinieri sono immediatamente accorsi sul posto. Per gli investigatori, non c’è dubbio alcuno: si tratta di suicidio. Un’ipotesi che non ha mai convinto  parenti e amici. «Mia sorella non aveva alcuna ragione di suicidarsi, aveva sogni e progetti, stava iniziando le pratiche per partire per l’Australia», dice Elena, mentre rabbia e tristezza le mangiano le parole e gli occhi si bagnano di lacrime che non vogliono uscire. Parole che trovano eco nei ricordi di chi frequentava la ragazza. Nessuno che abbia conosciuto Madalina, la descrive come triste o depressa. Non c’è persona – tra amici, familiari, conoscenti – che non ne ricordi il sorriso o la forza e la voglia di vivere. E di energia ce ne voleva per assolvere ai doveri di studentessa di giurisprudenza con ambizioni da criminologa, al contempo cameriera in una nota pizzeria del centro,  e nel tempo libero volontaria per l’Unitalsi o Scout.
Così la ventunenne – un compleanno e la patente festeggiati da poco – divideva le sue giornate fino a quel venerdì 21 settembre. Nonostante una vita non semplice alle spalle – dice di lei chi la conosceva –  Madalina aveva voglia di costruirsi una vita migliore. «Non abbiamo creduto neanche un secondo all’ipotesi del suicidio e non ci crediamo neanche adesso. Mada non si è suicidata», dice con disperata determinazione Elena, mentre con lo sguardo perso ritorna a quel 21 settembre. Quando, come ogni sera, è andata a prendere Madalina all’uscita dal lavoro. Quando la rabbia per un ritardo ingiustificato si è trasformata prima in ansia – la ragazza , scopre Elena, al lavoro non si è mai presentata – poi in preoccupazione e paura – Madalina non si trova – scandite sulle risposte mute di un telefono che squilla a vuoto. Quando il timore che a Madalina fosse successo qualcosa si è trasformato nella disperazione di chi ha perso un affetto fra i più cari e non riesce a farsene una ragione. Perché a quella perdita non c’è – allo stato – un perché.
Da mesi Elena invoca – invano – che sulla morte della ragazza venga fatta chiarezza. Il fascicolo sul tavolo del pm Teodoro Catananti è ancora aperto, ma – dice – «da almeno tre mesi siamo fermi». A distanza di 9 mesi da quella notte, si procede per istigazione al suicidio a carico di ignoti e le indagini continuano a 360 gradi. Anche perché sono tanti – troppi – gli elementi a dir poco curiosi di quello che – stando alle prime rilevazioni – è stato frettolosamente etichettato come suicidio. Formalmente Madalina ha deciso di farla finita gettandosi nel vuoto da una terrazza di via Bruno Buozzi, di cui inspiegabilmente sembra avesse la chiave. Ma quella sera la ragazza indossava degli stivali estivi, alti fino a metà polpaccio e dalla calzata stretta. «Li conosco quegli stivali, li ho provati anche io perché li abbiamo comprati insieme. Sono difficili da mettere e da togliere», spiega Elena, che ancora non riesce a spiegarsi come mai uno dei due sia stato trovato lontano dal corpo. Anche un calzino è stato trovato poco distante. Sul corpo di Madalina poi – ricorda ancora la sorella – c’era della sabbia. Ma nel corso della sua ultima giornata, non era stata a mare. O almeno, non ci era stata fino alle 4, quando Elena l’ha vista andare al lavoro.  
Ancora, l’auto su cui Madalina sarebbe precipitata di schiena – stando ad alcune fonti – non sarebbe stata troppo danneggiata, ma un corpo che cade dal sesto piano avrebbe dovuto lasciare segni più profondi, in base all’elementare legge fisica che vuole che maggiore è l’altezza, maggiore è l’energia rilasciata nell’impatto. Note stonate che devono aver insospettito anche il pm Catananti, che tiene ancora il fascicolo aperto sulla scrivania e continua a indagare. In febbraio, i consulenti della Procura e i periti di parte hanno fatto nuovi rilievi al 5F di via Bruno Buozzi, per stabilire l’esatta dinamica della caduta. Ma da quei giorni gelidi di febbraio in cui i tecnici sono tornati – gessetti e metri alla mano –a quel pretenzioso palazzo nel cuore borghese del centro cittadino, tutto sembra fermo.
«La Procura deve ancora compiere due atti di indagine – spiega il legale Domenico Scarlata – il primo è quello che riguarda l`impermeabilizzazione della terrazza. Nel settembre 2012, quando Madalina è caduta da quel palazzo, faceva molto caldo. Se davvero la ragazza è salita sulla terrazza condominiale, dovremmo trovare tracce della sostanza usata per l’impermeabilizzazione sotto le sue scarpe. Si tratta di una verifica importante perché permetterebbe di sapere se davvero Madalina ci è mai andata su quella terrazza».
L’avvocato non si spinge a dirlo, ma lo lascia chiaramente intendere. La famiglia non ha mai creduto che la ventunenne sia caduta da lì. Ed è proprio questo che anche il secondo accertamento ancora pendente, potrebbe aiutare a verificare. «Siamo ancora in attesa delle prove di carico sulla 126. La difficoltà della procura pare sia stata quella di reperire un`auto che avesse le stesse caratteristiche strutturali di quella su cui Madalina è caduta. Quella originale è stata dissequestrata e rottamata dal proprietario».
Altri tipi di accertamenti invece, non si potranno ripetere più, come il tampone vaginale – mai fatto all’epoca – e che non potrà mai rivelare agli investigatori se Madalina avesse avuto rapporti – consensuali o meno – nelle ore precedenti alla morte. «Il tampone – afferma ancora Scarlata, che da dicembre assiste Elena e il fratello – non è stato fatto con l`accordo dei periti che in quel momento rappresentavano la parte offesa». Una circostanza che insieme ad altre sembra aver spinto i due fratelli a cercare una tutela legale diversa da quella scelta dalla madre, Gabriela. «All’epoca, d`accordo con il perito di parte si è deciso di non procedere con il tampone perché evidentemente è stato ritenuto non opportuno e non rilevante», insiste il legale, spiegando che adesso probabilmente solo un attento esame delle eventuali tracce biologiche rimaste sugli indumenti che Madalina indossava, potrebbe aiutare a comprendere se la ragazza abbia avuto rapporti nel pomeriggio precedente alla morte. Un dato che permettere di colmare quel buco di oltre due ore che tutt’ora c’è nella ricostruzione della vita della ragazza. Due ore durante le quali nessuno di conosciuto sembra aver visto o sentito Madalina.
Ed è anche per ricostruire queste due ore che Elena ha deciso di contattare il dottore Ezio Denti – criminologo di discreta fama, intervenuto in più di un giallo divenuto di recente caso di cronaca – incaricato di sviluppare nuovi accertamenti che possano eventualmente portare nuova linfa alle indagini. «La nostra speranza è di accertare la verità dei fatti e verificare se davvero si è trattato di un suicidio o– come potrebbe apparire al momento – conclude S carlata, mentre Elena ascolta, attraversata da un visibile brivido – di un omicidio». (0040)

Argomenti
Categorie collegate

x

x