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«Collaboratori di giustizia, strumento indispensabile»

La complessa gestione dei collaboratori di giustizia è stata al centro del convegno organizzato da “Area Catanzaro”, la componente della magistratura che raggruppa Movimenti e Md. I vertici della m…

Pubblicato il: 24/06/2013 – 19:53
«Collaboratori di giustizia, strumento indispensabile»

La complessa gestione dei collaboratori di giustizia è stata al centro del convegno organizzato da “Area Catanzaro”, la componente della magistratura che raggruppa Movimenti e Md. I vertici della magistratura del distretto, avvocati, forze dell`ordine docenti universitari si sono potuti confrontare con alcuni tra i massimi esperti della materia. Al tavolo dei relatori il componente del Csm Paolo Carfì, il pm di Milano Armando Spataro, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto e la consulente della commissione parlamentare Antimafia, Natina Praticò. A introdurre i lavori è stato Emilio Sirianni, giudice della Corte d`Appello di Catanzaro.
«Bisogna rifuggire da un uso disinvolto dei collaboratori di giustizia – ha detto Natina Praticò nella sua relazione -. Solo la professionalità del magistrato può evitare disfunzioni, deve conoscere le peculiarità del fenomeno mafioso, il suo grado di impenetrabilità come si come la sua capacità di mimetizzarsi e presentarsi sotto vesti insospettabili».
«C`è un intervento massivo del legislatore – ha sostenuto il pm Luberto – che tende a limitare, a mio modo di vedere, la libera valutazione del giudice in relazione alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Poi altro è vedere se è riuscito nell`intento o meno. Abbiamo un`importanza qualitativa e quantitativa dei collaboratori di giustizia nei nostri processi, in specie quelli sui fatti di sangue che si fondano perlopiù su loro dichiarazioni». Proprio per la centralità dello strumento dei collaboratori di giustizia nella lotta alla criminalità organizzata, secondo Luberto, «è importante stimolare un dibattito con la partecipazione dei magistrati più in vista su tutto il territorio nazionale. E questo ci porta a misurarci con quelle che sono le esegesi virtuose, le interpretazioni virtuose delle norme sulla gestione dei collaboratori di giustizia».
Per Armando Spataro «la storia di tutti i processi italiani dal terrorismo interno o internazionale a quello della mafia dimostra l`assoluta indispensabilità del collaboratore processuale. Al di là dell`ovvio rispetto delle regole occorre anche professionalità perché la gestione del collaboratore è anche delicata persino sotto il profilo psicologico. Ecco perché le prassi virtuose e positive vanno discusse magari anche mettendo in evidenza quelle cariche di vizi in modo da evitarle. Mi auguro che non cambi il sistema di legge, anche se ci sarebbero delle cose da migliorare. Per esempio, io ho sempre criticato il precetto normativo secondo cui sono utilizzabili, durante le indagini preliminari, le dichiarazioni rese solo entro 180 giorni dall`inizio della collaborazione. A mio avviso si tratta di una norma assurda. A parte questo, il collaboratore di giustizia è uno strumento da difendere mentre il rischio è quello che lo si voglia inquadrare con norme formalistiche e quindi, in qualche modo, depotenziare».

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