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"Alba di Scilla", mano pesante del pm

REGGIO CALABRIA Sono richieste durissime quelle avanzate dal pm Rosario Ferracane per i diciannove presunti affiliati alle cosche Nasone-Gaietti, coinvolti nel procedimento con rito abbreviato “Alb…

Pubblicato il: 27/06/2013 – 22:02
"Alba di Scilla", mano pesante del pm

REGGIO CALABRIA Sono richieste durissime quelle avanzate dal pm Rosario Ferracane per i diciannove presunti affiliati alle cosche Nasone-Gaietti, coinvolti nel procedimento con rito abbreviato “Alba di Scilla”, scaturito dall’operazione che ha fatto luce sull’ingerenza delle cosche negli appalti della Salerno-Reggio Calabria, così come sull’asfissiante dominio che il clan imponeva sull’economia di Scilla.
Ed è un quadro a tinte fosche quello che emerge dalla requisitoria fiume del pm, che, per oltre otto ore ha ripercorso in dettaglio gli innumerevoli episodi delittuosi che – tanto sui cantieri dell’autostrada, come nel paese – avrebbero a vario titolo protagonisti i diciannove imputati. E non solo. Dalle intercettazioni confluite nel procedimento è emerso infatti che l’allora aspirante sindaco di Scilla, Pasqualino Ciccone, avrebbe consigliato a Francesco Nasone, uno degli elementi di vertice del clan, di non indicare il proprio nome sulla pratica per la richiesta di un posto al porto che aveva intenzione di presentare al Comune, all’epoca retto dal fratello dello stesso Ciccone. Un’accortezza – sembrava suggerire – necessaria per “evitare problemi”, ricorda in sede di requisitoria il pm Ferracane per il quale la circostanza, pur priva di rilevanza penale regala “uno spaccato devastante di un contesto fortemente condizionato dalla `ndrangheta, in cui le amministrazioni sembrano più inclini a favorire i clan, piuttosto che ad agire secondo legalità e trasparenza”.
Ed è per questo che per i 19 imputati, tutti a vario titolo coinvolti, secondo l`accusa, nel sistema di estorsioni, taglieggiamenti, ricatti e minacce cui le cosche Nasone-Gaietti avevano sottoposto le ditte impegnate nei lavori sul quinto macrolotto dell’A3, il pm Ferracane ha invocato condanne pesantissime e senza alcuna attenuante.
Nonostante la riduzione di un terzo della pena, connaturata al rito abbreviato, il pm Ferracane ha chiesto 20 anni di reclusione per Francesco Nasone, più due anni di casa lavoro, mentre è di 18 anni la condanna invocata per il presunto capoclan Virgilio Giuseppe Nasone, Pietro Puntorieri, Arturo Burzomato e Domenico Nasone (cl. 69). Sedici anni di reclusione sono stati chiesti invece per Carmelo Calabrese e Matteo Gaietti, mentre 14 anni dietro le sbarre dovrebbero passare – stando alle richieste del pm – Rocco Nasone e Giuseppe Fulco, arrestato oltre un anno fa “quasi in flagranza” perché fermato con in tasca i quattromila euro di un`estorsione.
Più ridotta è invece la condanna invocata per Antonino Nasone e Domenico Nasone (cl.83), per il pm da punire entrambi con 12 anni di reclusione, mentre più corposo è il blocco degli imputati per i quali il sostituto Ferracane ha invocato dieci anni di carcere.
E fra loro non ci sono solo appartenenti per legami di sangue o parentela alla famiglia Nasone-Gaietti, come Annunziatina Fulco, sorella di Giuseppe e “postina” del clan o Gioia Virgilia Grazia Nasone, la madre di Giuseppe Nasone, accusata di essere il vero e proprio elemento di raccordo fra tra il figlio recluso ed i vertici della consorteria.
Fra gli uomini di Francesco Nasone, per i quali il pm ha chiesto 10 anni di carcere ci sono anche Francesco Spanò, rappresentante sindacale della Federazione italiana costruzioni e affini della Cisl,  Giuseppe Piccolo, responsabile della sicurezza sui cantieri e il caposquadra, Francesco Alampi. Caposquadra – secondo l’accusa – impegnati nei cantieri  più a riscuotere il pizzo per conto del clan che a tutelare l’interesse e la sicurezza dei lavoratori. Ma una condanna a un anno è stata chiesta infine anche per Maria Benedetto, fidanzata di uno degli uomini del clan, che pur di avere un colloquio in carcere con il compagno non ha esitato ad attestare una falsa convivenza.  
A far partire le indagini che oggi hanno portato alla sbarra la colonna vertebrale della storica cosca di Scilla che imponeva il proprio dominio anche sui lotti della Salerno-Reggio Calabria che ne attraversano il territorio, la denuncia di un imprenditore siciliano, vincitore dell`appalto per l`ammodernamento di un piccolo lotto della statale 18. La segnalazione dell`uomo, che ha immediatamente riferito alle autorità il tentativo di estorsione subìto, ha innescato le indagini che hanno condotto gli inquirenti a svelare il sistema di taglieggiamento sistematico imposto dal clan.
Un’indagine condotta – hanno denunciato nel corso delle indagini gli inquirenti e ha ricordato oggi Ferracane – in splendida solitudine. Nonostante lotto per lotto, metro per metro, le `ndrine si siano spartite l`autostrada, con buona pace dell`esercito mandato a presidiare i cantieri, piccoli e grandi imprenditori – nella migliore delle ipotesi – hanno preferito e preferiscono il silenzio alla denuncia  delle estorsioni subite. (0020)

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