REGGIO CALABRIA Si allarga l’inchiesta che nell’ottobre scorso ha svelato la presenza del clan Fontana all’interno della Leonia. A chiusura delle indagini, guai in vista anche per l`ex giunta comunale di Reggio Calabria guidata dal sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa. Insieme ai membri della famiglia Fontana e al direttore operativo, Bruno De Caria, anche a Raffa e ai suoi assessori dell’epoca – Paolo Anghelone, Enzo Sidari, Antonella Freno, Michele Raso, Tilde Minasi, Rocco Lascala, Pasquale Zito, Amedeo Canale, Sebastiano Vecchio e Demetrio Porcino, nonché a Giuseppe Plutino e Dominique Suraci, già finiti in manette per altre indagini della Dda – è stato notificato il provvedimento di chiusura indagini.
Per il pm Giuseppe Lombardo, che ha coordinato le indagini sulla Leonia, i politici reggini potrebbero aver favorito l’infiltrazione del clan nella municipalizzata grazie a un’interpretazione più che arbitraria della normativa relativa all`affidamento e all`esecuzione di opere e lavori pubblici, come ai servizi e alle forniture.
La giunta e l’allora sindaco Raffa avrebbero infatti affidato – rivela l’avviso di conclusione indagini – direttamente alla Leonia il servizio di raccolta rifiuti riciclabili e a riscuoterne i proventi, in barba alla normativa che prevede “il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza” e che “l’affidamento deve rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate dal codice”. Prescrizioni non rispettate dai politici dell’epoca oggi tutti indagati per abuso d’ufficio in concorso, perché accusati di aver procurato alla Leonia ingiusti profitti per oltre 700mila euro.
Nell’ottobre scorso, l`inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo ha svelato come i Fontana – storica `ndrina della periferia nord di Reggio Calabria – si fossero fatti strada all`interno della Leonia, la società mista del Comune di Reggio Calabria che si occupa dello smaltimento dei rifiuti e per decenni ha gestito appalti milionari. Grazie al direttore operativo Bruno De Caria – insospettabile testa di legno messa a capo della stessa società – per anni il clan ha avuto saldo in mano quello che gli inquirenti non hanno timore a definire «il controllo strutturale delle imprese impegnate nello specifico settore della raccolta dei rifiuti, tra le quali la società mista pubblico-privata Leonia spa, partecipata al 51% delle azioni dal Comune di Reggio Calabria».
Una colonizzazione – sottolineano i magistrati nelle carte dell’epoca – portata avanti dai vertici decisionali della `ndrina e dai loro compiacenti prestanome, il cui risultato era «un pervasivo potere di condizionamento e controllo di tipo mafioso sul “comparto ambientale” o “comparto rifiuti” di Reggio Calabria». Un potere adesso incrinato dall`indagine lunga e complessa della Dda reggina, che già nel lontano 2001 era stata in grado di documentare l`inserimento della `ndrina dei Fontana nel ricco e lucroso comparto ambientale, attraverso la Semac srl, società alla quale era ed era stata affidata la «manutenzione dei mezzi meccanici» della Leonia.
Una pista poi confermata dalle due distinte indagini svolte in parallelo da Gico e squadra mobile, e confermata dalle straordinariamente coincidenti dichiarazioni di quattro pentiti: Antonio Zavettieri, Roberto Moio, Nino Lo Giudice e Consolato Villani che hanno svelato che dietro i Fontana, a beneficiare dei profitti di Leonia, sarebbe stato quel triumvirato De Stefano-Tegano-Condello che tutto insieme o come singole cosche, fa capolino nelle più importanti inchieste di `ndrangheta dell`ultimo decennio. E non solo in Calabria. Ma in tutta la penisola. (0070)
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