OPERAZIONE ITACA | Il sindaco Parretta: «Non mi dimetto»
«Non mi dimetto», Nicola Giuseppe Parretta non molla la poltrona di sindaco di Badolato dopo essere finito nell`indagine “Itaca” condotta dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro con l`accusa di con…

«Non mi dimetto», Nicola Giuseppe Parretta non molla la poltrona di sindaco di Badolato dopo essere finito nell`indagine “Itaca” condotta dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro con l`accusa di concorso esterno. Accompagnato dal suo avvocato Salvatore Staiano, il primo cittadino, per il quale il gip ha respinto la richiesta d`arresto avanzata dalla Procura, ha voluto incontrare la stampa questa mattina a Catanzaro. Un incontro, ha spiegato, che «non nasce da una esigenza di fornire giustificazioni, ma dalla impellenza di offrire spiegazioni, lo ritengo doveroso nei confronti della mia famiglia e dei cittadini di Badolato».
Il messaggio di Parretta è chiaro: «Non mi dimetterò, anzi sollecito una commissione di accesso. Dimettermi sarebbe evitare il rischio dello scioglimento per infiltrazioni mafiose. Voglio, invece, accertamenti capillari sulla attività amministrativa che ho svolto». Solo dopo, «quando la commissione avrà verificato che nulla di illecito è stato compiuto, allora lascerò il ruolo di sindaco».
Il sindaco non si sottrae alle domande dei giornalisti, soprattutto sui legami con alcuni membri della famiglia Gallelli, ritenuta dagli inquirenti referente della cosca Gallace per il territorio di Badolato. Amicizia e rapporti personali che Parretta non nega, ma che sostiene «appartengono alla mia sfera privata». A chi gli fa notare che alcuni esponenti della famiglia Gallelli siano ritenuti affiliati alla `ndrangheta, il sindaco replica: «Mi hanno votato così come mi hanno votato centinaia di miei concittadini, ma non c`è stato alcun accordo o scambio. Le indagini della Dda che per mesi ha acquisito i documenti del Comune non hanno rinvenuto nulla in questo senso».
Accertamenti che sono stati compiuti anche con l`ausilio di intercettazioni. Proprio Parretta trovò e fece togliere una cimice dalla sua automobile. Oggi ha sostenuto di essere venuto a conoscenza della microspia da alcune persone, ma non ha voluto spiegare chi fossero. Un`affermazione che sembra fare il paio con quanto dichiarato il giorno degli arresti dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri: «Gli indagati sapevano di alcune indagini nei loro confronti, di telefoni intercettati e di possibili arresti. Per questo sono state avviate le indagini per risalire alla fuga di notizie». (0080)