Reggio, la Dia sequestra beni per 25 milioni di euro
REGGIO CALABRIA La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dal Tribunale della città dello Stretto nei confronti di…

REGGIO CALABRIA La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dal Tribunale della città dello Stretto nei confronti di Giuseppe Malara, imprenditore edile 59enne già finito in manette – insieme ad altri 37 – nell’ambito dell’operazione “Gebbione”, che aveva svelato le infiltrazioni della consorteria mafiosa dei Labate nelle attività economiche della zona sud di Reggio. Malara era poi stato assolto, tuttavia nella sentenza veniva definito testualmente «…imprenditore abituato a convivere con i mafiosi, dei quali è amico e dai quali si fa blandire, ottenendo in cambio il permesso di svolgere la propria attività lavorativa nel quartiere di Gebbione». Secondo la Dia Malara sarebbe comunque soggetto appartenente «in senso lato ad una cosca della quale può usufruire di un tipo di protezione attiva, fondata non sulla soggezione bensì sui legami di fedeltà e motivata dalla prospettiva di un vantaggio economico di tutti gli appartenenti». In particolare l’imprenditore avrebbe portato avanti dei lavori nella zona di competenza dei Labate, investendo capitali di dubbia provenienza e nello stesso tempo avrebbe aiutando la cosca a sottrarre gli immobili alla confisca.
Per il Tribunale in definitiva l’imprenditore reggino è ritenuto un soggetto socialmente pericoloso: attraverso la sua appartenenza alla ‘ndrangheta ha ottenuto protezione e partecipazione alla spartizione dei lavori, così incrementando a dismisura, ma del tutto illecitamente, i profitti della propria impresa, che avrebbe conquistato importanti fette di mercato alimentandosi grazie ai proventi di attività illecite.
Le determinazioni della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale presieduto dal giudice Kate Tassone, sono scaturite da una articolata ed esaustiva attività di indagine patrimoniale, condotta dal Centro Operativo Dia su input del direttore De Felice, volta a verificare le modalità di acquisizione dell’ingentissimo patrimonio societario e personale riconducibile all’imprenditore, che negli ultimi anni aveva incrementato la propria attività con la costruzione di numerosi immobili nella zona sud della città. Dagli accertamenti, oltre all’evidente incremento del volume d’affari dell’azienda con una concorrenza sleale a danno degli onesti imprenditori, è emersa anche un’evidente sproporzione tra gli acquisti e, più in generale, gli investimenti effettuati da Malara sin dagli anni ’80 rispetto a quanto dichiarato al fisco.
Il patrimonio sequestrato, riconducibile all’imprenditore, è stimato in circa 25 milioni di euro, tra cui figurano: una ditta individuale con relativo patrimonio; quasi un centinaio di immobili tra appartamenti, villette a schiera, cantine, garages, lastrici solari e terreni in parte adibiti ad uso personale ed in parte ad uso aziendale siti a Reggio Calabria; tre autovetture; disponibilità finanziarie aziendali e personali ammontanti a circa 500 mila euro.
Malara era stato poi assolto dall`operazione “Gebbione”, tuttavia, hanno riferito gli investigatori, il tribunale, nella sentenza, aveva espresso delle riserve nei confronti dell`appaltatore edile definito testualmente «imprenditore abituato a convivere con i mafiosi, dei quali è amico e dai quali si fa blandire, ottenendo in cambio il permesso di svolgere la propria attività lavorativa nel quartiere di Gebbione». Per gli investigatori, quindi, Malara sarebbe stato un imprenditore colluso con la cosca Labate con la quale, per l`accusa, aveva instaurato una sorta di relazione clientelare stabile, continuativa e foriera di vantaggi reciproci.
Sebbene gli elementi raccolti dagli investigatori non siano stati considerati utili ad acclarare in modo netto le prove di una completa partecipazione ad un`associazione mafiosa, nell`ambito della normativa sulle misure di prevenzione, hanno riferito gli investigatori della Dia, Malara «risulta comunque soggetto appartenente in senso lato ad una cosca della quale può usufruire di un tipo di protezione attiva, fondata non sulla soggezione bensì sui legami di fedeltà e motivata dalla prospettiva di un vantaggio economico di tutti gli appartenenti». In particolare Malara, per l`accusa, avrebbe portato avanti lavori nella zona di competenza dei Labate, investendo capitali di dubbia provenienza e nello stesso tempo avrebbe aiutato i loro uomini di fiducia a sottrarre immobili alle iniziative di confisca.
Secondo il Tribunale, in definitiva, l`imprenditore è ritenuto un soggetto socialmente pericoloso. È per questo che la Sezione misure di prevenzione del Tribunale, al termine delle indagini della Dia di Reggio Calabria e su input del direttore Arturo De Felice, ha emesso il provvedimento di sequestro preventivo.